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Tag: sacerdoti

Washington, ancora una legge contro il segreto della confessione

Seattle, Washington | Una veduta di Seattle, capitale dello Stato di Washington, USA | Wikimedia Commons

Il Dipartimento di Giustizia USA sta indagando contro una legge che sarebbe anti-cattolica nello Stato di Washington

Potrebbe rappresentare una svolta decisiva, quella che vede il Dipartimento di Giustizia del Presidente Donald Trump indagare su quella che viene definita “una legge anticattolica” nello Stato di Washington. Secondo la legge dello Stato – che non è la città di Washington, DC, e che si trova dall’altra parte degli Stati Uniti, ad Ovest – i sacerdoti, se non denunciano gli abusi sui minori di cui vengono a conoscenza in confessione, possono ricevere una pena fino ad un anno di carcere.

Non è la prima volta che una legge di Stato mette a rischio il segreto della confessione, tanto che nel 2020 ci volle una nota della Penitenzieria Apostolica a mettere in chiaro che il sigillo della confessione è inviolabile. Tuttavia, l’azione dell’amministrazione Trump potrebbe rappresentare una sorta di “rivoluzione copernicana” nella giurisprudenza sul tema nei Paesi anglosassoni.

La legge dello Stato di Washington aggiunge i membri del clero all’elenco degli obblighi di segnalazione per abusi sui minori. Stabilisce specificamente che il clero deve denunciare gli abusi, anche se vengono appresi durante “comunicazioni privilegiate”. Tutti gli altri soggetti obbligati a segnalare, come infermieri e terapisti, sono esentati dagli obblighi di segnalazione quando le informazioni vengono ottenute durante “comunicazioni privilegiate”.

Un sacerdote che si rifiuta di denunciare informazioni apprese durante la confessione potrebbe essere condannato al carcere fino a 364 giorni e ricevere una multa fino a 5.000 dollari.

In un comunicato stampa, il Dipartimento di Giustizia ha espresso che una delle sue principali preoccupazioni è che la legge sembra prendere di mira i sacerdoti e la confessione. La legge esenta la comunicazione più privilegiata dalla legge sulla segnalazione obbligatoria, ma nega tale diritto ai sacerdoti includendo la frase “ad eccezione dei membri del clero”.

La legge sembra escludere il clero come non autorizzato a far valere i privilegi applicabili, rispetto ad altri professionisti della segnalazione – ha scritto il Dipartimento di Giustizia – Prendiamo questa questione molto seriamente e attendiamo con ansia la collaborazione dello Stato di Washington nella nostra indagine”.

Non solo. Harmeet Dhillon, procuratore generale aggiunto della Divisione per i Diritti Civili del Dipartimento di Giustizia, ha inviato una lettera al governatore e ha definito l’obbligo un “attacco legislativo alla Chiesa cattolica e al suo sacramento della confessione, una pratica religiosa ordinata dalla Chiesa cattolica che risale alle origini della Chiesa”.

Nella lettera, si legge che “non solo questa nuova legge mette le autorità statali in diretto conflitto con il libero esercizio di una religione consolidata, ma la vostra legge esige che i sacerdoti disobbediscano a una delle prime autorità della Chiesa cattolica in materia di confessione. Questo comando statale viola il Primo Emendamento”.

La Conferenza Cattolica dello Stato di Washington, che rappresenta i vescovi cattolici dello Stato, ha rilasciato una dichiarazione per assicurare ai cattolici che “le loro confessioni rimangono sacre, sicure, riservate e protette dalla legge della Chiesa”.

“Il clero cattolico non può violare il segreto confessionale, pena la scomunica dalla Chiesa”, ha aggiunto la dichiarazione, firmata dall’arcivescovo di Seattle Paul D. Etienne.

Il vescovo ha osservato che la politica della Chiesa impone ai sacerdoti di denunciare alla polizia la conoscenza di abusi su minori, ma “non se questa informazione viene ottenuta durante la confessione“, e ha messo in luce che comunque i vescovi si impegnano a cooperare con le autorità, perché “la Chiesa cattolica condivide l’obiettivo di proteggere i minori e prevenire gli abusi sui minori”, e “l’arcidiocesi di Seattle rimane impegnata a denunciare gli abusi sessuali su minori, a collaborare con le vittime sopravvissute per la guarigione e a proteggere tutti i minori e le persone vulnerabili”.

Tuttavia, Etienne ha scritto che “sebbene rimaniamo impegnati a proteggere i minori e tutte le persone vulnerabili dagli abusi, i sacerdoti non possono rispettare questa legge se la conoscenza dell’abuso viene ottenuta durante il sacramento della riconciliazione”.

La legge dello Stato di Washington è solo l’ultima di una serie di leggi che violano il segreto della confessione, mentre anche la legge sulla sicurezza di Hong Kong del 2024 rischiava di andare in quella direzione.

Il Senato della California ha approvato il 24 maggio 2019  la legge 360, con 30 voti a favore e 2 contrar. La legge chiede ai sacerdoti di riportare ogni sospetto o conoscenza di abusi su minori ottenute anche durante il sacramento della confessione di un altro sacerdote o collega. La legge era anche stata emendata, perché una prima bozza della legge richiedeva la violazione del sigillo della confessione ogni volta che un sacerdote sospettasse abusi d parte di qualunque penitenti.

In Australia, la Chiesa Cattolica australiana ha già fatto sapere che non romperà il segreto della confessione, accettando le raccomandazioni della Royal Commission, una inchiesta governativa di cinque anni che ha ascoltato8 mila testimonianze su fatti che sarebbero accaduti tra il 1950 e il 2010 – inchiesta che ha portato a 230 processi, l’accusa di molestie al 7 per cento dei sacerdoti australiani e possibili risarcimenti da trasferire a 60 mila persone. La commissione aveva stilato una serie di raccomandazioni per la lotta agli abusi, che la Conferenza Episcopale Australiana ha analizzato passo dopo passo in un documento di 57 pagine, pubblicato il 31 agosto. Quasi tutte le raccomandazioni erano state accettate. Tranne la richiesta di rompere il sigillo sacramentale.

La tendenza internazionale di attaccare il segreto della confessione ha colpito anche l’India, dove ad agosto 2018  la Commissione Nazionale delle Donne ha chiesto al governo di abolire il sacramento perché “è una interferenza indebita in una questione sacra e vitale della vita cristiana”. La richiesta era arrivata a seguito dello scandalo che ha visto coinvolti 4 sacerdoti della Chiesa ortodossa siro-malankarese, i quali avevano utilizzato confidenze che una donna sposata aveva fatto loro in confessione per ricattarla e abusare sessualmente di lei.

Si tratta di una tendenza internazionale che ha radici lontane. Nel 2011, al culmine della crisi degli abusi tra il clero irlandese, Enda Kenny, allora “Taoiseach” (Primo Ministro) sostenne che “i sacerdoti dovrebbero avere un obbligo di legge di riportare i casi di abuso appresi in confessione”.

A livello internazionale, si era andati anche oltre: nel 2014, il Comitato ONU per la Convenzione sui Diritti del Bambino – vale a dire, il Comitato che valuta come le convenzioni siglate vengono applicate dagli Stati aderenti nel loro territorio – arrivò addirittura a fare pressioni sul diritto canonico, non distinguendolo dalle leggi dello Stato di Città del Vaticano, che erano invece oggetto della Convenzione, e criticando “il codice del silenzio vaticano”, che impedisce “pena scomunica” ai membri del clero di andare a denunciare i casi di cui vengono a conoscenza alle autorità.

Questo articolo è stato pubblicato su ACI Stampa e ripreso dal team di EWTN Italia

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