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Tag: obolo di San Pietro

Finanze vaticane: che situazione trova Leone XIV?

Piazza San Pietro | | ACI Stampa

I bilanci di IOR e APSA. L’amministratore unico del Fondo Pensioni. La questione dei bilanci dello Stato. Tutto ciò che il nuovo Papa si trova ad affrontare

Il patrimonio ammonta a 4 miliardi e 191 milioni di euro. Il disavanzo, però, è stimato in circa 70 milioni di euro. Le finanze del Vaticano non vivono una situazione rosea. A mettere in luce alcuni numeri aggiornati è stato Milano Finanza, che ha pubblicato lo scorso sabato le cifre bilancio consolidato della Santa sede al 31 dicembre 2023, l’ultimo approvato dalla Segreteria per l’Economia.

numeri possono dire qualcosa delle scelte strategiche del passato, ma non di quelle del futuro. E certo, pesano sul disavanzo non solo la pandemia del COVID, che ha provocato un crollo delle entrate (specialmente i Musei Vaticani) per almeno un anno, ma anche scelte amministrative sbagliate e discutibili. Tra queste, la perdita economica dovuta alla famosa vendita del palazzo di Sloane Avenue, oggetto di un controverso processo in Vaticano. Il palazzo non solo non era un cattivo investimento, ma era in linea con altri investimenti della Santa Sede – nel bilancio APSA 2022 appariva una situazione simile con un immobile a Parigi. La dismissione dell’investimento, e poi il processo, hanno svalutato il palazzo.

Ma pesano sul bilancio anche varie dismissioni di investimenti in passato, in particolare nell’Istituto delle Opere di Religione, in nome di quella “riconversione etica” degli investimenti che però ha portato ad una dilapidazione dei profitti.  

Questo per quanto riguarda il passato. Non sappiamo nemmeno se Leone XIV manterrà, per il futuro, le intenzioni di “esternalizzare” l’annona, il supermercato vaticano, come già sono state affidate a ditte esterne alcune gestioni immobiliari, mentre la Santa Sede ha stabilito una commissione per le Donazioni Pontificie che deve definire il suo ruolo per non essere un “doppione” dell’Obolo di San Pietro.

Tra passato e futuro, queste premesse sono necessarie per comprendere le cifre, considerando che il calo del patrimonio netto della Santa Sede di oltre 256 milioni nel 2023 non è facile da assorbire, tanto che la Santa Sede ha tagliato di 11,6 milioni donazioni e aiuti (passati da 137,7 milioni a  126,1 milioni). 

Chissà se Leone XIV invertirà il trend di donazioni dagli Stati Uniti. Gli Stati Uniti sono infatti i principali donatori dell’Obolo di San Pietro, e lo scorso anno provenivano da lì il 28,1 per cento di risorse. L’Obolo di San Pietro aveva, nel 2022, raddoppiato i fondi a disposizione finanziandosi attraverso la vendita di proprietà immobiliari. Lo scorso anno, l’Obolo ha inviato 90 milioni di sostegno alla missione apostolica del Santo Padre riguardano, spiega il rapporto, l’annuncio del Vangelo, e la promozione dello sviluppo umano, dell’istruzione e della formazione ad ogni livello, nonché le attività diplomatiche a sostegno della pace e della fratellanza dei popoli.

Sono andati a sostenere il 24 per cento dei 370,4 milioni spesi dai dicasteri del Santo Padre, che sono 68. Il costo dei dicasteri rappresenta una chiara diminuzione rispetto ai 383,9 milioni di spese dei dicasteri del 2022, che erano 150 milioni in più del “bilancio di missione” del 2021. Resta da vedere se il taglio derivi da una riduzione del personale, dal taglio delle consulenze esterne o dall’esclusione dal bilancio delle consulenze esterne.

La Papal Foundation ha inviato una maxi-donazione di 14 milioni di dollari, suddivisa in 10 milioni di dollari in sovvenzioni per progetti di soccorso identificati dalla Santa Sede e 4 milioni per l’assistenza umanitaria urgente. 

Mentre si attende il bilancio dell’Obolo dello scorso anno, andiamo ad analizzare i numeri che hanno portato al bucoIl 2023 ha registrato 1.152,1 milioni di entrate a fronte di spese operative per 1.235,6 milioni, con un deficit operativo di 83,5 milioni di euro, ovvero 5,5 milioni peggio del 2022.

Secondo il prefetto della Segreteria per l’Economia, Maximino Caballero Ledo, c’è una gestione più efficiente che ha portato a un miglioramento dei ricavi, che però non è riuscito a compensare la crescita delle spese.

Nei documenti visionati da Milano Finanzasi nota che il Vaticano ha un deficit contabile di 51,2 milioni rispetti al surplus di 52,5 milioni del 2022 che era stato determinato anche dalle vendite del Fondo Obolo. Le risorse si sono rastrellate con la gestione finanziaria dei titoli, che nel 2022 aveva reso 29,4 milioni e nel 2023 46,2 milioni.

In crescita dell’8 per cento i ricavi degli affitti dell’APSA grazie all’aumento dei canoni e degli immobili locati, mentre le attività commerciali – tra Fabbrica di San Pietro, librerie, punti di ristoro – fanno registrare un 14 per cento in più.

due terzi dei ricavi del Vaticano vengono dai due ospedali di proprietà della Santa Sede: il Bambino Gesù e l Fatebenefratelli – Isola Tiberina, che fu salvato dalla Santa Sede nel 2022 con una iniezione di circa 75 milioni di euro da parte dell’APSA e una donazione di analoga cifra da parte del patron di Luxottica Delvecchio, morto poco dopo.

Se si tolgono i bilanci dei due ospedali dal consolidato, il bilancio si riduce a 46,5 milioni, pari all’11% dei ricavi (437,9 milioni), con un miglioramento di 5,9 milioni rispetto al 2022 che mostra come sia proprio la sanità a pesare. È dal 2022, tra l’altro, che la parte sanitaria è stata inclusa nel cosiddetto “bilancio di missione”.

Continua a non essere pubblicato, ormai dal 2015, il bilancio dello Stato di Città del Vaticano, che include anche le entrate del polo museale, mentre le donazioni sono una delle entrate più cospicue. Sono diminuite di 5,5 milioni, e nel 2023 hanno registrato solo 217,6 milioni di euro. L’Obolo ha portato nelle casse del Papa circa 50 milioni, 22,8 milioni sono stati inviati dalle diocesi, 101 milioni arrivano dalla gestione del patrimonio immobiliare di circa 5 mila immobili dell’APSA, 45,8 milioni arrivano da investimenti finanziari di APSA e IOR.

Il costo del personale pesa sul Vaticano per 167,5 milioni, distribuiti di oltre 4 mila dipendenti, mentre le spese amministrative sono 174,4 milioni complessivi (ma 45,8 milioni sono alla voce “altro”, che dovrebbe includere anche le parcelle per consulenze e avvocati del maxi processo vaticano).

C’è bisogno, insomma, di tagli. Sono state tagliate anche le donazioni, sebbene l’83 per cento delle entrate, ammontante a 370 milioni, sono usati per la missione apostolica. Di questi, 144,1 milioni vanno al sostegno delle Chiese in difficoltà nel mondo, 48,4 milioni all’evangelizzazione, e 44,8 milioni alla comunicazione del messaggio della Santa Sede. Le nunziature apostoliche costano 37 milioni, 32 milioni sono destinati alla carità.

Questa situazione economica deve anche considerare che arrivano meno aiuti dagli istituti finanziari.

Per quanto riguarda lo IOR, c’è stato un drastico calo dei profitti. Nell’ultimo rapporto dello IOR, gli utili netti hanno raggiunto i 30,6 milioni di euro, di cui 13,6 milioni di euro sono stati distribuiti a opere religiose e caritative, mentre 3,2 milioni di euro sono stati devoluti a vari enti di beneficenza. Nel 2022 l’utile è stato di 29,6. Ma queste cifre sono ben lontane dall’utile di 86,6 milioni dichiarato nel 2012. Da allora è andato diminuendo, con piccoli aumenti: nel 2013 lo IOR ha registrato un profitto di 66,9 milioni; nel 2014 di 69,3 milioni; nel 2015 è addirittura sceso a 16,1 milioni. Nel 2016 è tornato a 33 milioni, nel 2017 la cifra è rimasta abbastanza costante a 31,9 milioni di euro, mentre nel 2018 l’utile è stato di 17,5 milioni.

Nel 2019 i profitti tornano a 38 milioni di euro e nel 2020 la crisi del COVID li fa scendere a 36,4 milioni di euro. Ma nel primo anno post-pandemia, un 2021 ancora non influenzato dalla guerra in Ucraina, torniamo a un trend negativo, con un utile di soli 18,1 milioni di euro, e solo nel 2022 torniamo alla soglia dei 30 milioni.

Con la diminuzione dei profitti, diminuisce il contributo dello IOR alla Curia romana per il suo sostegno.

L’APSA invece quest’anno ha registrato un utile di 45,9 milioni di euro, ottenuto grazie a una migliore gestione degli investimenti. Ma è un bilancio che va letto in chiaroscuro. Le notizie che circolano sui media parlano di contratti di leasing a società esterne, e si parla addirittura di una vendita dell’Annona, il supermercato del Vaticano, che sarà dato in concessione a una catena di supermercati italiana.

In breve, c’è un forte bisogno di profitto. Papa Francesco aveva scritto lo scorso anno ai cardinali chiedendo loro di razionare le risorse, ha tagliato i loro stipendi del 10%, ha stabilito che anche le case di servizio devono essere affittate a prezzi di mercato, ha attuato, all’inizio del suo pontificato, un blocco della rotazione. Si trattava di misure dure che mettevano a dura prova il sistema vaticano, fino ad allora ampiamente basato sulla collaborazione interdipartimentale sotto il coordinamento della Segreteria di Stato.

Non si sa, invece, la situazione del Fondo Pensioni Vaticano, per il quale è stato nominato un amministratore unico, nella persona del Cardinale Kevin J. Farrell. Indiscrezioni di stampa hanno parlato di un deficit di 1,4 miliardi, ma la cifra è in realtà probabilmente gonfiata e inverosimile, sia perché gli asset del solo IOR sono di 4,4 miliardi, sia perché il fondo vive, sì, le difficoltà date dall’invecchiamento della popolazione, ma aveva comunque buone dotazioni fornite da Giovanni Paolo II e Paolo VI e vive dei contributi dei dipendenti.  

Secondo il cardinale Pell, il Fondo Pensioni sarebbe bastato per almeno altre due generazioni. Se così non è, ci si deve chiedere come è stato gestito quel patrimonio.

Questo articolo è stato pubblicato su ACI Stampa e ripreso dal team di EWTN Italia

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