Il capo dell’équipe medica che ha assistito Papa Francesco durante il suo ricovero al Policlinico Gemelli di Roma, Sergio Alfieri, ha affermato che le preghiere elevate dai fedeli di tutto il mondo hanno contribuito alla sua guarigione.
“Esiste una pubblicazione scientifica secondo la quale la preghiera dà forza ai malati. In questo caso, tutto il mondo ha iniziato a pregare. Posso dire che due volte la situazione è sfuggita di mano e poi è accaduto come un miracolo”, ha dichiarato il medico.
L’impatto della preghiera sulla salute
In un testo pubblicato dall’Istituto Europeo di Salute e Benessere Sociale, il Dott. Manuel de la Peña, direttore della Cattedra del Cuore e della Longevità, analizza diversi studi che dimostrano la “potente influenza” della preghiera nei pazienti. Questo dialogo personale con Dio creerebbe le condizioni “che pongono le basi per la guarigione”.
Oltre alla preghiera personale, anche la preghiera di intercessione per i malati assume un valore inestimabile. Ma questa preghiera è davvero necessaria? Ha un impatto reale su chi la riceve? Esiste un modo giusto di pregare? Come si riconoscono i frutti della preghiera?
Su queste domande ha riflettuto don Vicente Bosch, professore di Teologia Spirituale presso la Pontificia Università della Santa Croce di Roma, in un dialogo con ACI Prensa.
La preghiera, respiro dell’anima
Don Bosch cita Benedetto XVI, che affermava:
“Quando la gente perde la fede, è perché prima ha smesso di pregare”.
Per il sacerdote, la preghiera è il respiro dell’anima, una “finestra aperta sul cielo che dà aria allo spirito”.
Evidenzia anche che “la relazione dell’uomo con Dio è un dialogo” e che il cristiano che aspira alla santità “ha bisogno di comunicare con Dio”.
“Pregare significa parlare con il Signore. E quando si parla con Lui, non si chiede solo, ma si ringrazia, a partire da ciò che si è ricevuto senza averlo chiesto: la vita, la fede, i talenti e le capacità. Quando si comprende che tutto è un dono, la preghiera diventa un ringraziamento e conduce all’adorazione, che è riconoscere la grandezza di Dio e la nostra piccolezza”.
“Nulla va perduto”
Il Catechismo della Chiesa Cattolica descrive tre espressioni della preghiera:
- La preghiera vocale, che è l’espressione esterna della preghiera interiore.
- La meditazione, che coinvolge il pensiero e l’immaginazione.
- La preghiera contemplativa, che è “comunione d’amore con Dio”.
Riguardo alla preghiera di intercessione, don Bosch spiega che:
“Quando un cristiano non chiede per sé, ma per gli altri, questo piace al Signore”.
Aggiunge poi:
“Tutto ciò che viene fatto con un senso soprannaturale porta frutto; nulla va perduto. Tuttavia, quando chiediamo qualcosa, dobbiamo aggiungere: ‘Se è conforme alla tua volontà, Signore’. Non si tratta di convincere Dio affinché le cose vadano come vogliamo noi, ma di accettare il Suo volere. Nella preghiera impariamo a identificare la nostra volontà con quella divina”.
In questo contesto, il sacerdote sottolinea l’importanza della preghiera comunitaria, che “manifesta più chiaramente che la Chiesa è comunione di fratelli che pregano per le stesse intenzioni”. Tuttavia, chiarisce che anche la preghiera personale non è mai un atto individuale, ma sempre una preghiera della Chiesa.
“Un cristiano non è mai un verso isolato, ma fa parte di un poema divino. La preghiera cristiana, sia comunitaria che personale, è una preghiera che Cristo fa sua, a condizione che esprima qualche petizione del Padre Nostro. In tal caso, è Cristo stesso che prega il Padre in noi. È qualcosa di grandioso, ma di cui spesso non siamo consapevoli”.
Come pregare correttamente?
Alla domanda su quale sia il modo giusto di pregare, don Bosch risponde:
“Il desiderio sincero di essere come Gesù, accompagnato da una vita coerente, è premiato da Dio con la ‘unione trasformante’, che è la contemplazione. La vera preghiera è quella accompagnata dal rifiuto del peccato”.
Dunque, la preghiera porta frutto quando è vissuta in conformità con il Vangelo, e quando le opere riflettono la fede professata.
“In questo modo, la persona sperimenta pace e serenità interiore, perché sa di stare compiendo la volontà di Dio”.
Per coloro che pensano che Dio non risponda alle loro preghiere, il sacerdote invita a perseverare, a non scoraggiarsi e a esaminare se c’è un vero rifiuto del peccato. Inoltre, incoraggia ad “aguzzare l’udito attraverso la mortificazione”.
L’importanza del silenzio
Infine, don Bosch sottolinea il ruolo essenziale del silenzio nella preghiera:
“Non solo il silenzio esteriore, ma soprattutto quello interiore. È una condizione sine qua non per pregare, ma la società attuale non lo favorisce”.
Aggiunge che oggi siamo costantemente distratti:
- Dalla memoria, che ci richiama l’ultimo episodio della serie TV che seguiamo.
- Dall’immaginazione, che ci porta in mondi irreali dove ci sentiamo sempre vincenti.
- Dalla curiosità, che ci spinge a controllare l’ultimo messaggio su WhatsApp.
- Da un continuo bombardamento di stimoli esterni (immagini, suoni, sensazioni) che soffocano il silenzio e rendono difficile la vita di preghiera.
Superare la crisi spirituale
Il sacerdote conclude parlando delle crisi spirituali:
“Tutto in questo mondo ha un inizio e una fine, anche le crisi. La speranza ci porta a credere in un lieto fine, nonostante le prove del presente”.
Incoraggia quindi a chiedere a Dio la forza di perseverare:
“Le condizioni della preghiera autentica sono quelle indicate da Gesù: deve essere umile, fiduciosa e perseverante”.
Tradotto e adattato dalla redazione di ewtn.it. L’originale si trova qui.