L’invito al matrimonio di un familiare o di un amico è solitamente motivo di gioia, ma per molti cattolici essere invitati a un’unione tra persone dello stesso sesso può generare un profondo conflitto interiore. Come conciliare la lealtà familiare o amicale con gli insegnamenti della Chiesa? È possibile mostrare amore e rispetto senza compromettere la propria fede?
Questo dilemma, sempre più frequente nella nostra società, mette alla prova la coscienza dei fedeli e solleva domande complesse sull’applicazione pratica della dottrina cattolica in situazioni personali delicate.
La Chiesa cattolica è chiara nella sua posizione sul matrimonio e sull’omosessualità, ma applicare questi insegnamenti nella vita concreta può risultare difficile. Da un lato, la Chiesa afferma che il matrimonio è un’unione esclusiva tra un uomo e una donna. Dall’altro, invita i fedeli a trattare le persone omosessuali con rispetto e compassione, il che solleva interrogativi difficili per i cattolici di fronte all’invito a una cerimonia di matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Persino il Vaticano, nel dicembre 2023, ha pubblicato la controversa dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni del Dicastero per la Dottrina della Fede, che ha aperto la possibilità di “benedire coppie in situazioni irregolari e coppie dello stesso sesso, senza convalidare ufficialmente il loro stato né modificare in alcun modo l’insegnamento perenne della Chiesa sul Matrimonio”.
Questa dichiarazione, approvata da Papa Francesco, ha rappresentato un cambiamento nell’approccio della Chiesa a questo tema, pur mantenendo una chiara distinzione tra tali benedizioni e il sacramento del matrimonio. Il documento ha suscitato reazioni diverse all’interno della Chiesa, dalla piena accettazione a una certa controversia.
Per “carità”, un cattolico può assistere a un “matrimonio” omosessuale?
Per don Hugo Valdemar, che per anni è stato canonico penitenziario — sacerdote con la potestà di assolvere i peccati più gravi, eccetto quelli riservati alla Santa Sede —, “se si ha una retta coscienza, la risposta è no”.
“Al di sopra dei legami di sangue o affettivi c’è la verità, e ancora di più la verità rivelata, secondo cui Dio ha stabilito che il matrimonio può esistere solo tra un uomo e una donna”, precisa.
Da parte sua, don Mario Arroyo, dottore in Filosofia presso la Pontificia Università della Santa Croce e autore del libro La Iglesia y Los Homosexuales: Un falso conflicto, ha spiegato che questa situazione “non è una questione di dogma di fede, bensì una questione prudenziale, un’applicazione di un criterio morale che non deve essere seguita necessariamente in modo assoluto”.
“Il caso dell’assistenza a un matrimonio omosessuale di una persona cara rientra in ciò che si conosce come cooperazione al male. In questo caso, si tratterebbe di una cooperazione materiale al male”, ha spiegato.
“In linea di principio, bisogna cercare di evitare di cooperare al male, perché abbiamo l’obbligo, al contrario, di cooperare al bene nella società. In questo contesto, la prima attitudine è quella della reticenza, ovvero cercare di evitare di partecipare, a meno che ciò non causi un danno irreparabile ai rapporti familiari o di amicizia”, ha aggiunto.
“A mio avviso, il criterio da utilizzare nei matrimoni tra persone dello stesso sesso è analogo a quello dei secondi matrimoni civili o dei matrimoni esclusivamente civili e non religiosi”, ha detto.
“Se si può evitare di partecipare, è meglio, spiegando ai diretti interessati i motivi per cui va contro la propria coscienza e le proprie convinzioni religiose”, ha indicato. Tuttavia, ha precisato che “se da questa scelta dovesse derivare un danno molto grande, come una separazione totale o una rottura irreparabile dei rapporti familiari, si possono considerare eccezioni”.
In un caso simile, ha detto, questa cooperazione con il male dovrebbe essere “solamente materiale, mai formale”. Vale a dire, “non manifestare gioia o approvazione per il fatto che due persone dello stesso sesso si uniscano in ‘matrimonio’, ma semplicemente assistere alla cerimonia tenendo conto del fatto che non si può evitare un danno grave derivante dalla rottura completa della comunicazione”.
In questo senso, ha avvertito che “esistono differenze tra assistere come semplice spettatore e avere un ruolo attivo”, per cui “è preferibile evitare di assumere un ruolo attivo come padrino o testimone”.
Don Valdemar si mostra più categorico: “Nessuna delle due cose è lecita, ma partecipare come testimone di un pseudo-matrimonio tra persone dello stesso sesso è ancora più grave”.
Il pericolo dello “scandalo”
Per don Valdemar, che per oltre 15 anni è stato direttore della Comunicazione dell’Arcidiocesi del Messico sotto il Cardinale Norberto Rivera, il problema dell’assistere a una cerimonia simile è che può generare scandalo.
“La partecipazione a un atto del genere non può essere neutrale”, ha detto. “È una convalida e una giustificazione di un atto che in sé è intrinsecamente immorale e contrario alla legge di Dio”, ha aggiunto.
Anche don Arroyo riconosce questo rischio, per cui “in linea generale, si dovrebbe tendere a evitare di partecipare a queste cerimonie”.
“Tuttavia, se fosse impossibile evitarlo perché la rottura che ne deriverebbe sarebbe irreparabile, compromettendo la comunione familiare o amicale, si può partecipare alla cerimonia, ma sapendo che il prezzo da pagare è che alcune persone potrebbero scandalizzarsi”, ha detto.
Nel caso in cui si scelga di non partecipare, don Arroyo ha suggerito di “spiegare con carità le proprie ragioni agli interessati e dimostrare in qualche modo un segno di vicinanza alla persona cara coinvolta nella cerimonia”.
“Si può regalare un rosario, una Bibbia, si può invitare la persona a pranzo… Insomma, trovare un modo per manifestare una comunione interpersonale senza legittimare la convivenza sessuale tra due persone dello stesso sesso”.
Anche don Valdemar condivide questa prospettiva: “Per dimostrare affetto e vicinanza esistono molti altri momenti nella quotidianità o nelle occasioni speciali. Si deve far comprendere alla persona cara che, pur non potendo assistere a un matrimonio civile, ciò non significa rifiutarla come persona, e che potrà sempre contare sulla nostra vicinanza e sostegno”.
Cosa fare di fronte a questa scelta?
Di fronte alla decisione di partecipare o meno a una cerimonia di questo tipo, don Mario Arroyo invita a “portare il tema nella preghiera personale, per valutare con calma e serenità i pro e i contro di questa partecipazione”.
“I contro sono molto chiari: si può generare scandalo e dare l’impressione di approvare l’unione tra due persone dello stesso sesso”, ha detto.
“Allo stesso tempo, bisogna valutare se la mancata partecipazione sarebbe compresa dagli interessati o se verrebbe interpretata come una rottura totale dei rapporti, impedendo loro di avvicinarsi a Dio in futuro”, ha aggiunto.
Infine, don Valdemar ha incoraggiato i cattolici a non lasciarsi guidare “solo dai sentimenti o dalla pressione sociale e familiare, perché i principi cristiani sono più importanti. A lungo termine, preservarli è ciò che può davvero aiutare di più”.
Tradotto e adattato dal team di ewtn.it. L’originale si trova qui.