Francesco ricorda che anche Gesù fu “espulso dalla propria terra” e fu costretto a “rifugiarsi in una società e in una cultura estranee alla sua. Anche il Figlio di Dio ha scelto di vivere il dramma dell’immigrazione”.
“Il cammino dalla schiavitù alla libertà che il popolo di Israele ha percorso, come narrato nel Libro dell’Esodo, ci invita a guardare alla realtà del nostro tempo, così chiaramente segnata dal fenomeno migratorio, come a un momento decisivo della storia per riaffermare non solo la nostra fede in un Dio sempre vicino, incarnato, migrante e profugo, ma anche la dignità infinita e trascendente di ogni persona umana”. Lo scrive il Papa in una lettera inviata ai Vescovi degli Stati Uniti.
Francesco ricorda che anche Gesù fu “espulso dalla propria terra” e fu costretto a “rifugiarsi in una società e in una cultura estranee alla sua. Anche il Figlio di Dio, facendosi uomo, ha scelto di vivere il dramma dell’immigrazione”.
“Gesù Cristo, amando tutti con un amore universale, ci educa – prosegue il Papa – al riconoscimento permanente della dignità di ogni essere umano, senza eccezioni. Tutti i fedeli cristiani e le persone di buona volontà sono chiamati a considerare la legittimità delle norme e delle politiche pubbliche alla luce della dignità della persona e dei suoi diritti fondamentali, e non viceversa”.
Francesco critica le politiche del presidente degli Stati Uniti Trump in materia di immigrazione: “Ho seguito da vicino la grave crisi che si sta verificando negli Stati Uniti con l’avvio di un programma di deportazioni di massa. La coscienza, se correttamente formata, non può non esprimere un giudizio critico e il proprio dissenso nei confronti di qualsiasi misura che identifichi tacitamente o esplicitamente lo status illegale di alcuni migranti con la criminalità. Allo stesso tempo, bisogna riconoscere il diritto di una nazione a difendersi e a proteggere le proprie comunità da coloro che hanno commesso crimini violenti o gravi mentre si trovavano nel paese o prima di arrivarvi. Detto questo, l’atto di deportare persone che in molti casi hanno lasciato la propria terra per motivi di estrema povertà, insicurezza, sfruttamento, persecuzione o grave deterioramento dell’ambiente, danneggia la dignità di molti uomini e donne, e di intere famiglie, e li pone in uno stato di particolare vulnerabilità e indifesa”.
“Un autentico Stato di diritto – scrive ancora il Papa – si manifesta proprio nel trattamento dignitoso che tutte le persone meritano, specialmente le più povere ed emarginate. Il vero bene comune viene promosso quando la società e il governo, con creatività e nel rigoroso rispetto dei diritti di tutti, come ho affermato in numerose occasioni, accolgono, proteggono, promuovono e integrano i più fragili, i più indifesi e i più vulnerabili. Ciò non impedisce lo sviluppo di una politica che regoli la migrazione in modo ordinato e legale. Tuttavia, questo sviluppo non può avvenire attraverso il privilegio di alcuni e il sacrificio di altri. Ciò che è costruito sulla base della forza, e non sulla verità dell’uguale dignità di ogni essere umano, inizia male e finirà male”.
Rivolgendosi ancora ai vescovi il Papa esprime riconoscenza per il lavoro della conferenza episcopale per poi esortare “tutti i fedeli della Chiesa cattolica e tutti gli uomini e le donne di buona volontà a non cedere a narrazioni che discriminano e causano sofferenze inutili ai nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati. Con carità e chiarezza siamo tutti chiamati a vivere nella solidarietà e nella fratellanza, a costruire ponti che ci avvicinino sempre di più, a evitare muri di ignominia e a imparare a dare la nostra vita come Gesù Cristo ha dato la sua per la salvezza di tutti. Chiediamo a Nostra Signora di Guadalupe di proteggere le persone e le famiglie che vivono nella paura o nel dolore a causa della migrazione e/o della deportazione”.
Questo articolo è stato pubblicato su ACI Stampa e ripreso dal team di EWTN Italia