Papa Francesco è tornato in Vaticano dopo 38 giorni di ricovero al Policlinico Gemelli, la degenza più lunga del suo pontificato. I medici hanno raccomandato almeno due mesi di riposo, evitando eventi pubblici e contatti con grandi gruppi. Durante la convalescenza, il Pontefice continuerà a svolgere alcune attività, ma questa nuova fase rappresenta un punto di svolta profondo per il suo stile di guida.
Un pontificato iperattivo rallenta
Fino a pochi mesi fa, Papa Francesco era noto per i suoi ritmi frenetici. In una sola mattina riceveva diversi gruppi ufficiali, telefonava personalmente ai fedeli, e fino a quando la mobilità glielo ha permesso, cenava spesso nella mensa di Casa Santa Marta, dove vive dal 2013 per restare vicino alla gente, rinunciando all’appartamento pontificio.
Anche il giorno stesso in cui è stato ricoverato, ha tenuto cinque incontri, nonostante faticasse a respirare. Quel livello di attività, almeno per ora, è finito.
Un’apparizione che parla chiaro
Domenica scorsa, poco prima di lasciare l’ospedale, Papa Francesco è apparso brevemente in sedia a rotelle su un balcone del Gemelli per salutare circa 3.000 fedeli. Ha pronunciato poche parole con evidente sforzo e non è riuscito a sollevare le braccia.
Un’immagine potente, che mostra quanto questa convalescenza sarà diversa da ogni altro periodo del suo pontificato.
Addio (forse) ai viaggi apostolici
A settembre, il Papa aveva compiuto il viaggio più lungo del suo pontificato: 12 giorni tra Asia e Oceania. I viaggi internazionali, con le famose interviste in volo e gli incontri spontanei con la gente, sono stati una delle cifre del suo modo di essere pastore. Ma ora, anche un possibile viaggio in Turchia per il 1700º anniversario del Concilio di Nicea appare sempre più improbabile.
Isolamento e delega: due sfide personali
Papa Francesco si è sempre definito “incorreggibilmente socievole”. Il contatto diretto con i fedeli, specialmente bambini e anziani, è stato per lui una fonte di energia e ispirazione. Il dover ridurre gli incontri personali e rimanere isolato sarà una prova dolorosa.
Anche la delega sarà difficile. Francesco è famoso per il suo stile di governo diretto e imprevedibile, fatto di visite a sorpresa e domande fuori programma. D’ora in poi, dovrà risparmiare energie e affidarsi di più ai suoi collaboratori.
Durante la degenza, non ha mai smesso di lavorare. Ha approvato nuove cause di canonizzazione, nomine episcopali e — soprattutto — la fase successiva del Sinodo sulla sinodalità, che ora si estende fino al 2028, con un’assemblea finale prevista in Vaticano.
Il Sinodo, cuore della sua visione di Chiesa, rimane una priorità. Ma solo i suoi collaboratori più vicini sanno su cosa vorrà davvero focalizzarsi nei prossimi mesi.
La situazione attuale richiama inevitabilmente alla mente la lunga e sofferta fase finale del pontificato di San Giovanni Paolo II. Allora, si parlò spesso di governo “ombra” e mancanza di trasparenza. Per evitare lo stesso clima, sarà fondamentale una comunicazione chiara e regolare, cosa che in passato il Vaticano ha faticato a garantire.
Una Pasqua senza il Papa?
Le voci interne al Vaticano indicano che Papa Francesco non presiederà le liturgie della Settimana Santa, incluse quelle di Pasqua. Sarebbe un’assenza altamente simbolica nel momento liturgico più importante e sacro dell’anno. È probabile che invii un messaggio scritto o compaia brevemente, ma la sua mancanza sarà molto sentita.
Nelle sue parole scritte per l’Angelus, lette il giorno delle dimissioni dall’ospedale, Papa Francesco ha offerto una riflessione toccante sulla sofferenza: “In questo lungo tempo di ricovero, ho avuto modo di sperimentare la pazienza del Signore, che vedo anche riflessa nella premura instancabile dei medici e degli operatori sanitari, così come nelle attenzioni e nelle speranze dei familiari degli ammalati. Questa pazienza fiduciosa, ancorata all’amore di Dio che non viene meno, è davvero necessaria alla nostra vita, soprattutto per affrontare le situazioni più difficili e dolorose.”
Una nuova forma di leadership
Forse il modo più potente con cui Papa Francesco può guidare la Chiesa in questa fase è proprio con l’esempio personale. Accettando la debolezza con pazienza e fede, sta indicando una via di testimonianza profonda, che parla al cuore dei fedeli più della presenza fisica o delle parole.
Il suo pontificato entra ora in una fase più silenziosa, ma non per questo meno significativa.
Tradotto e adattato dal team di EWTN Italia. L’originale si trova qui.