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Lovanio vs. Papa Francesco, le ragioni di una crisi

L’UC Louvain ha risposto al discorso di Papa Francesco all’università con un comunicato stampa dai toni inauditi. Da dove nasce la posizione dell’Università e perché si chiama ancora cattolica
Papa Francesco all'incontro con gli studenti universitari dell'Université Catholique de Louvain - 28 settembre 2024 (Vatican Media)

C’è stato chi, per diverso tempo, abbia dibattuto se l’UC Louvain dovesse mantenere la C del suo nome. Ovvero, se potesse ancora dirsi cattolica. Succedeva nemmeno troppo tempo fa, quando nel 2017 l’Università sospendeva i corsi di un suo professore reo – come fa Papa Francesco oggi – di aver sottolineato a lezione che “l’aborto è un omicidio”, oppure quando nel 2009 nei laboratori dell’università si cominciava a sperimentare su embrioni coltivati in vitro a condizione che questo non fosse fatto per scopo commerciale. Di certo, ora la domanda circolerà di nuovo, dopo il botta e risposta che c’è stato con Papa Francesco, il quale avrebbe, durante il suo discorso all’università lo scorso 28 settembre, ribadito una posizione riduttiva del ruolo della donna.

L’UC Louvain, per intenderci, è il ramo di lingua francese dell’università di Lovanio, mentre quello in lingua fiamminga si chiama KU Leuven. Il Papa ha visitato entrambi. Mentre a Leuven, dove ha chiesto di allargare i confini della conoscenza, Papa Francesco ha incontrato il corpo docente, a Louvain (che si trova nella nuova località di Louvain-la-Neuve) Papa Francesco ha incontrato gli studenti.

Contesti differenti, ma un tema comune. Infatti, entrambe le università hanno messo in atto una pressione inaudita su Papa Francesco perché cambiasse il ruolo della donna nella Chiesa. Il Papa è stato ampiamente provocato sulle esigenze del cosiddetto “ecofemminismo cristiano”. Papa Francesco ha mantenuto la posizione della vocazione delle donne nella Chiesa, già sviluppata da Giovanni Paolo II.

Dopo il primo attacco, lanciato il 27 settembre a KU Leuven nel discorso del rettore, il 28 settembre è arrivato un secondo attacco, in un qualcosa che fino ad ora è rimasto inaudito nella storia della Chiesa: un comunicato stampa, una reazione dura in un comunicato che in realtà era stato preparato in precedenza, come rivelato da Papa Francesco in aereo, definendo la cosa un colpo basso.

In effetti, nelle intenzioni dell’università, Papa Francesco avrebbe dovuto rispondere ai temi sollevati da una lettera messa a punto da un gruppo di 50 studenti, scienziati e accademici, con l’obiettivo di avviare un dialogo con il Papa sulle preoccupazioni che attanagliano la comunità accademica, ovvero eco-ansia, disuguaglianze, radici filosofiche, il posto delle donne nella società e la sobrietà.

Françoise Smets, rettore dell’UC Louvain, ha sottolineato, riferendosi al discorso del Papa, che “accogliamo con favore questo ingresso al dialogo. Stiamo assistendo a convergenze in relazione alle disuguaglianze ambientali e sociali che l’UC Louvain denuncia. Ma notiamo anche una grande divergenza riguardo il posto delle donne nella società.

In particolare, l’Università ha espresso “la sua incomprensione e disapprovazione per la posizione espressa da Papa Francesco riguardo al posto delle donne nella Chiesa e nella società”. La dichiarazione del Papa “La donna è accoglienza feconda, cura, dedizione vitale”, è stata descritta come “una posizione deterministica e riduttiva con la quale l’UCLouvain non può che esprimere il proprio disaccordo.

L’UCLouvain si afferma come un’università inclusiva e si impegna nella lotta contro la violenza sessuale e di genere. Ribadisce il suo desiderio che tutti possano prosperare al suo interno e nella società, qualunque sia la loro origine, genere o orientamento sessuale. Invita la Chiesa a percorrere la stessa strada, senza alcuna forma di discriminazione”.

Bontà sua, l’UC Louvain ha invece apprezzato che il Papa riconosca che la religione possa “diventare uno strumento di dominio”, e anche la posizione del Papa sulla questione climatica.

In pratica, non c’è nessuna divergenza con il Papa quando parla di temi sociali. È quando si entra nelle questioni dottrinali che sorgono i problemi.

Ma cosa diceva la lettera?

Affrontava la questione dell’eco-ansia, affermando che “non si tratta qui di sognare un’alternativa antimoderna, venata di nostalgia per un passato fantasticato. Si tratta piuttosto di approfondire il progetto come lo schema della Laudato si’”. E sottolineavano che “il potere era una chiave fondamentale”, perché “l’attuale situazione ecologica ha infatti molto a che fare con rapporti di dominio incrociato: dominio dell’uomo sulla natura, dominio degli uomini sulle donne, dominio del Nord sul Sud”.

Gli studenti guardavano anche al colonialismo, sottolineavano che “se la modernità europea ha saputo sviluppare un’economia capitalista e una razionalità strumentale, è perché ha precedentemente esteso la sua influenza sulle terre americane e vi ha trovato risorse gigantesche per il proprio sviluppo”, sottolineavano che “troppo spesso la religione ha costituito una base morale per questi progetti coloniali”, arrivavano ad affermare che “è giunto il momento di abbracciare culture, religioni e spiritualità basate su altre visioni del mondo e, spesso, stili di vita più sobri. Potremmo guardare a queste culture e spiritualità senza condiscendenza? Senza il desiderio di estrarre ciò che ci è utile per poi andare altrove?”

La richiesta era quella di riconoscere “la molteplicità delle spiritualità e delle ecologie2”, per “gettare le basi di una giustizia rinnovata che consideri i diversi modi di creare il mondo su un piano di radicale uguaglianza”.

E dunque – proseguiva la lettera – “la Chiesa è pronta a sviluppare questa nozione da una prospettiva intersezionale? Vale a dire, tenendo conto delle disuguaglianze di classe, di genere e di razza? L’appello allo sviluppo integrale ci sembra incompatibile con le posizioni sull’omosessualità e con il posto delle donne nella Chiesa cattolica”.

Poi, la comunità universitaria di UC Louvain lamentava di non trovare le donne nell’enciclica Laudato Si, denunciavano che “anche la teologia cattolica tende a rafforzare questa divisione attraverso la sua ‘teologia delle donne’, che esalta il loro ruolo materno vietando loro l’accesso ai ministeri ordinati”, accusavano che “’ideale di giustizia sociale lì promosso non si estende alla giustizia di genere: ignora il fatto che la povertà è ancora prevalentemente femminile e che sono le donne ad aver sofferto e soffrono ancora più crudelmente il sistema di dominio più volte denunciato nel testo”.

E puntavano il dito cotro il fatto che “la Laudato si’ porta con sé i semi di una promettente riflessione per l’inclusione di tutti. Ma come spesso accade nella storia della Chiesa, le donne sono state rese invisibili” – invisibili nei ministeri ecclesiali, della giustizia sociale e del pensiero, cosa che “ha conseguenze sul modo in cui viviamo la transizione ecologica”.

Insomma, l’UC Louvain chiede un “cambiamento di paradigma” e ribadisce il ruolo dell’università nel creare questa cultura di transizione.

Le sollecitazioni erano varie, e mostravano una ricerca universitaria molto pragmatica, che andava a delineare tutte le relazioni solo in forma di potere e che alla fine cercava rivendicazioni sociali, ma alla fine non teologiche. La risposta di Papa Francesco, che anche nel volo di ritorno ha ribadito la posizione della Chiesa sul ruolo della donna, non nascondendo fastidio per l’iniziativa del comunicato a seguito del suo discorso, ha toccato temi ancora diversi. Papa Francesco ha addirittura sottolineato che la ricerca della verità caratterizza l’università cattolica.

Ed è qui che ritorna il tema iniziale, ovvero se l’Università di Lovanio possa ancora definirsi cattolica.

La storia dell’Università è strettamente legata alla Chiesa, e infatti fu Martino V, 600 anni fa, a stabilire lo Studio di Lovanio. Non c’era l’aggettivo cattolico, allora, perché semplicemente l’università non poteva che essere cattolica. Lovanio fu soppressa dopo la rivoluzione francese, e solo nel 1834 i vescovi ricrearono l’università, erede della precedente. In effetti, il rettore dell’UC Louvain, fino al 1986, è sempre stato un sacerdote.

È dal 2008 che si discute se mantenere la “C” di Cattolica. Il dibattito non viene riaperto sotto il lungo rettorato di Vincent Blondel (2014-2024), il dibattito non sarà più aperto. Anche perché Blondel, che pure sostiene pubblicamente il diritto all’aborto, ci tiene a dire, in una intervista alla rivista L’Appell, che la C ricorda che l’università presta “particolare attenzione a un certo numero di valori e tradizioni di solidarietà, libertà, attenzione agli altri, ai più fragili. Sono valori che appartengono alla sua storia e personalmente sono a loro affezionato”.

Anche il rettore (donna) Françoise Smets ha fatto sapere, in una intervista a CathoBel del 30 agosto, che togliere la C  “non è attualmente la sfida più grande”, perché “dipende cosa mettiamo dietro quella C”.

E c’è da dire che nei preparativi per l’arrivo del papa, tutto ciò che era troppo esplicitamente cattolico è stato accuratamente lasciato da parte. La facoltà di Teologia e Scienze Religiose non è stata coinvolta nell’organizzazione, né la parrocchia studentesca. Addirittura, la lettera degli studenti, in una prima stesura, non si rivolgeva nemmeno al Papa, ma solo a Francesco, giusto per dimostrare che non c’era timore reverenziale e che il dibattito veniva prima di ogni cosa.

Sono tutti dettagli da non trascurare, ma sono il segno di una deriva. Qualche anno fa, sul sito dell’Università comparve un appello per trovare volontari che donasse il proprio sperma per tentare una fecondazione eterologa.

Nel 2017, l’Università licenziò il professor Stéphane Mercier. Questi aveva sostenuto durante una lezione del suo corso di Filosofia che “l’aborto è l’omicidio di una persona innocente privo di difesa”. Dopo la segnalazione, l’inchiesta partì immediatamente, con interrogatori e scrupoloso studio della lezione del suddetto docente. Risultato: corsi sospesi e professore licenziato. Nessun sostegno a Mercier da parte della Conferenza Episcopale Belga, ma solo una dichiarazione in cui si sottolineava che “i vescovi hanno fiducia nei procedimenti interni condotti dall’università” e “auspicano che la discussione appena iniziata contribuisca a un dibattito sereno sull’aborto nella società”.

Come detto, all’Università Cattolica di Lovanio si erano anche attuate pratiche scientifiche ai limiti della moralità, come quelli di prelevare cellule staminali da embrioni umani soprannumerari da fecondazione in vitro, con l’unico vincolo che essi non siano oggetto di commercio.

Nel 2007, i ricercatori si recarono a Roma da Benedetto XVI per dare spiegazioni sulle loro pratiche scientifiche, ma fecero allo stesso tempo sapere a Le Soir: ”Non torneremo indietro! Quali che siano le minacce della Chiesa…”.

Ma nella clinica dell’Università Cattolica di Lovanio si pratica anche l’eutanasia. Il precedente rettore, Rik Torfs, spiegò il fatto dicendo di non essere sostenitore dell’eutanasia ma neanche dei movimenti anti-eutanasia. È importante, disse, distinguere tra etica e legge.

Sarà forse quello che ha pensato la Santa Sede, quando si presentò il caso spinoso dei Fratelli della Carità, il cui board delle loro cliniche belghe (laico) aveva approvato uno statuto che permetteva la pratica dell’eutanasia a determinate condizioni. Si appellarono alla Santa Sede, si ritrovarono con una dichiarazione non pubblicata della Conferenza Episcopale Belga che preferiva un dialogo con la controparte, e ora si ritrovano anche commissariati per ragioni formalmente differenti, ma praticamente collegate a quel dibattito.

Tanto per dire, non è che tutta questa pressione arrivasse del tutto inaspettata…

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Questo articolo è stato precedentemente pubblicato da acistampa.com

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