Dopo gli attacchi statunitensi a imbarcazioni venezuelane, il Pontefice richiama alla via della diplomazia: «Con la violenza non si ottiene nulla».
Cresce il rischio di escalation militare
Negli ultimi mesi, nel Mar dei Caraibi, si sono intensificati gli attacchi statunitensi contro imbarcazioni sospettate di essere legate al Venezuela. Secondo diverse testimonianze, si contano ormai più di una dozzina di episodi con decine di vittime, mentre gli USA hanno rafforzato la propria presenza navale nella regione.
La situazione si è fatta ancora più delicata con il progressivo avvicinamento delle unità americane alle coste venezuelane.
L’appello del Papa: «Serve il dialogo, non la forza»
Da Castel Gandolfo, il 4 novembre, Papa Leone XIV ha espresso forte preoccupazione per l’aumento della tensione tra Stati Uniti e Venezuela:
«Un Paese ha il diritto di avere le proprie forze armate per difendere la pace, per costruire la pace».
Il Pontefice ha però avvertito che quanto sta accadendo nel Mar dei Caraibi «sembra qualcosa di diverso», denunciando un clima sempre più conflittuale.
«Credo che con la violenza non si ottiene nulla. Ciò che bisogna fare è cercare il dialogo, trovare un modo giusto per arrivare a soluzioni ai problemi che possono esistere in un Paese».
Riprendendo il concetto, ha ribadito:
«Un Paese ha il diritto di avere il proprio esercito per difendere la pace, per costruire la pace».
Preoccupazione della società civile Venezuelana
La tensione internazionale è ormai al centro dell’attenzione anche dentro gli Stati Uniti. Il 4 novembre, l’Ufficio per gli Affari Globali di Maryknoll e altre 61 organizzazioni della società civile hanno inviato una lettera al Congresso denunciando quelli che definiscono «attacchi militari illegali ed esecuzioni extragiudiziali di civili su imbarcazioni al largo delle coste del Venezuela».
Il documento critica la mancanza di trasparenza:
«L’amministrazione Trump non ha fornito alcuna giustificazione legale valida per questi attacchi né prove che supportino le sue affermazioni secondo cui le vittime rappresentavano una minaccia imminente per la sicurezza degli Stati Uniti».
E avverte del rischio di una pericolosa escalation:
«Temiamo che, se i membri del Congresso non agiranno in modo deciso, ci saranno più attacchi, più esecuzioni extragiudiziali e potenzialmente una guerra totale e illimitata con uno o più Paesi della regione, con conseguenze umanitarie e geopolitiche devastanti».
Dietro la crisi: la guerra al narcotraffico
Sul fronte politico, la linea dell’amministrazione Trump rimane intransigente. Durante la campagna elettorale del 2024, il presidente aveva promesso l’impiego della forza militare contro i cartelli della droga. Una promessa mantenuta: nel 2025, Washington ha iniziato a classificare le organizzazioni criminali regionali come «organizzazioni terroristiche straniere», aprendo così la strada ad azioni armate più aggressive.
Articolo precedentemente pubblicato su CNA, tradotto e riadattato per il pubblico di ewtn.it.






