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Parolin: “La libertà religiosa è un diritto inalienabile”. 5 miliardi di persone ancora sotto minaccia

Il cardinale Pietro Parolin interviene alla presentazione del rapporto “Religious Freedom in the World Report 2025” (Libertà religiosa nel mondo 2025) di Aiuto alla Chiesa che Soffre, tenutasi in Vaticano il 21 ottobre 2025. | Credit: Daniel Ibáñez/EWTN News
Il cardinale Pietro Parolin interviene alla presentazione del rapporto “Religious Freedom in the World Report 2025” (Libertà religiosa nel mondo 2025) di Aiuto alla Chiesa che Soffre, tenutasi in Vaticano il 21 ottobre 2025. | Credit: Daniel Ibáñez/EWTN News
Presentato in Vaticano il Rapporto 2025 di “Aiuto alla Chiesa che Soffre” sulla libertà religiosa nel mondo

Autoritarismi e persecuzioni: 52 Paesi sotto accusa

I regimi autoritari risultano tra i principali responsabili della discriminazione e persecuzione religiosa in 52 Paesi, secondo il Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo 2025 di Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), presentato martedì in Vaticano alla presenza del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato.

Il documento evidenzia un aumento costante delle violazioni, che colpiscono oltre 5,4 miliardi di persone in tutto il mondo. Parolin ha ribadito che la libertà religiosa deve essere riconosciuta come un “diritto inalienabile”, come affermato dal Concilio Vaticano II nella Dignitatis Humanae e dall’articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dell’ONU.

Parolin: “Nessuno dev’essere costretto nella fede”

«Uomini e donne di ogni luogo meritano di essere liberi da qualsiasi forma di costrizione in materia di fede — che si tratti di pressioni sociali sottili o di imposizioni statali manifeste», ha dichiarato Parolin il 21 ottobre durante la presentazione al Pontificio Istituto Patristico Agostiniano di Roma.

Il rapporto biennale analizza la situazione della libertà religiosa in 196 Paesi tra gennaio 2023 e dicembre 2024, rivelando che i governi di 52 nazioni adottano “strategie sistematiche per controllare o silenziare la vita religiosa”.

Sorveglianza e repressione nei regimi autoritari

Secondo ACS, in Cina, Iran, Eritrea e Nicaragua le autorità impiegano tecnologie di sorveglianza di massa, censura digitale, leggi restrittive e detenzioni arbitrarie per soffocare la libertà di culto.

La caporedattrice di ACS, Marta Petrosillo, ha denunciato che in alcune aree dell’America Latina e dell’Asia i regimi tentano di “cancellare l’identità religiosa” chiudendo chiese, vietando l’educazione alla fede e persino rinominando villaggi con nomi non religiosi.

“In Corea del Nord il culto è punito con la morte”

Il rapporto documenta casi estremi di repressione:
«In Corea del Nord, il regime criminalizza ogni forma di credo, punendo il culto con la prigione, la tortura o persino la pena di morte», ha affermato Petrosillo.
«In Nicaragua, il governo ha adottato misure estreme per ridurre al silenzio la Chiesa, privando comunità religiose della personalità giuridica e vietando il culto pubblico».

Nazionalismo religioso e jihadismo: nuove minacce

Tra i fattori chiave di violazione individuati da ACS figurano il jihadismo, il nazionalismo religioso e i conflitti armati, ma anche le migrazioni forzate e la criminalità organizzata, che destabilizzano le comunità di fede in Africa, Asia, Medio Oriente e Americhe.

Europa e Nord America: cresce l’intolleranza

Il rapporto registra infine un’erosione della libertà religiosa anche in Europa e negli Stati Uniti, con un aumento di attacchi ai luoghi di culto, aggressioni al clero e interruzioni di celebrazioni religiose, in particolare in Francia, Spagna, Italia, Grecia e USA.

Articolo precedentemente pubblicato da CNA, tradotto e riadattato per la pubblicazione su ewtn.it.

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