Domenica 19 ottobre, Papa Leone XIV ha canonizzato sette nuovi santi in Piazza San Pietro. Una cerimonia solenne che ha unito fedeli da tutto il mondo, offrendo un messaggio di speranza e universalità nel cuore dell’Anno Giubilare.
Una delle celebrazioni più solenni del Giubileo
Tra gli eventi più significativi del Giubileo del 2025, la canonizzazione di sette nuovi santi si è svolta domenica 19 ottobre in una gremita Piazza San Pietro. Papa Leone XIV ha presieduto la celebrazione eucaristica elevando all’onore degli altari Ignazio Maloyan, Pietro To Rot, Vincenza Maria Poloni, María Carmen Rendiles Martínez, Maria Troncatti, José Gregorio Hernández Cisneros e Bartolo Longo.
La scelta dei candidati alla santità ha voluto rappresentare l’universalità della Chiesa, come ha spiegato monsignor Boguslaw Turek, sottosegretario del Dicastero per le Cause dei Santi: «Il criterio che veniva tenuto presente è che fosse un gruppo internazionale. Ed ecco che i nuovi santi rispecchiano il volto della santità della Chiesa universale, quindi che provengano da diverse parti del mondo».
Santi da ogni continente, segni di unità e speranza
Dei nuovi santi, tre sono italiani, due venezuelani — profondamente venerati in tutta l’America Latina — e altri due provengono da realtà geografiche meno rappresentate finora: l’Oceania e l’Asia occidentale. Peter To Rot è il primo santo originario della Papua Nuova Guinea, mentre Ignatius Maloyan, vescovo armeno e martire, fu ucciso durante il genocidio ottomano.
Il concistoro che ha ufficializzato le canonizzazioni, tenuto il 13 giugno da Papa Leone XIV, era stato inizialmente convocato da Papa Francesco a fine febbraio, mentre era ancora ricoverato in ospedale. Questo passaggio di consegne tra i due pontificati ha conferito alla celebrazione un significato ancora più simbolico per tutta la Chiesa.
Il significato ecclesiale e spirituale della canonizzazione
La canonizzazione è un atto che spetta unicamente al Papa e avviene normalmente a Roma, nel cuore della cristianità. Può anche essere celebrata in altre parti del mondo durante viaggi apostolici, ma è sempre il Pontefice a presiederla.
Monsignor Roberto Regoli, professore ordinario presso la Pontificia Università Gregoriana, ha sottolineato la rilevanza teologica dell’atto: «Il Papa si occupa di questo fatto della canonizzazione in maniera molto legata alla sua infallibilità di insegnamento. Se noi leggiamo la formula che viene impiegata, lui compie quell’atto in base anche all’autorità dei Santi Pietro e Paolo, in virtù dell’autorità apostolica».
Regoli ha ricordato che nei primi secoli i santi venivano riconosciuti dai fedeli stessi; solo dal XIII secolo in poi la canonizzazione divenne prerogativa esclusiva del Papa. Il numero dei santi è aumentato notevolmente nei tempi moderni: Giovanni Paolo II ne canonizzò 482, Benedetto XVI 45, e Papa Francesco quasi 950.
Una santità che nasce per questo tempo
La scelta dei santi canonizzati non è solo frutto di studio, ma anche, e soprattutto, della Provvidenza. Come ha spiegato mons. Turek: «Quando veniva stabilito il programma dell’Anno Giubilare si è pensato a una giornata di santità che consistesse in una cerimonia di canonizzazione. Poi ovviamente il numero e la scelta dei nuovi santi dipende dal lavoro della Congregazione, ma anche e soprattutto dalla Provvidenza divina, perché sono figure che sono maturate per quel tempo».
La santità è quindi una risposta viva e attuale ai bisogni spirituali dell’umanità di oggi.
Santi testimoni di speranza per un’epoca ferita
Nel contesto di un mondo segnato da tensioni, incertezze e conflitti, la canonizzazione di questi santi assume un valore profetico. «Viviamo un Anno Giubilare che è segnato da questo tema della speranza — ha dichiarato mons. Turek — e i nuovi santi ci parlano appunto della speranza. Parlano alle singole Chiese, alla Chiesa universale, ma parlano anche a tutta l’umanità».
Sia i martiri sia i confessori canonizzati in questa occasione hanno vissuto in contesti difficili, spesso drammatici, offrendo la loro vita per il Vangelo. «La vita dei nuovi santi — ha concluso mons. Turek — è un seme di speranza. L’uomo ha bisogno di questo messaggio davanti a tante preoccupazioni, anche recenti, dove viene minacciata la pace e la serenità».






