A Roma, il Giubileo del Mondo Missionario e dei Migranti ha riunito migliaia di persone da ogni angolo del pianeta in un incontro di fede, fraternità e condivisione. Tra preghiere, testimonianze e canti, la Chiesa ha celebrato la sua dimensione più universale, intrecciando missione e accoglienza.
Un Giubileo per la missione e l’accoglienza
Il Giubileo del Mondo Missionario e dei Migranti, celebrato domenica scorsa, è stato uno dei momenti più intensi dell’Anno Santo 2025. Migliaia di fedeli, missionari, migranti e pellegrini da oltre cento Paesi si sono radunati in Piazza San Pietro per vivere una liturgia che ha intrecciato due anime della Chiesa: l’annuncio del Vangelo e l’accoglienza dei fratelli.
Papa Leone XIV, durante l’omelia, ha ricordato con forza:
“È una bella occasione per ravvivare in noi la coscienza della vocazione missionaria, che nasce dal desiderio di portare a tutti la gioia e la consolazione del Vangelo, specialmente a coloro che vivono una storia difficile e ferita. Penso in modo particolare ai fratelli migranti, che hanno dovuto abbandonare la loro terra, spesso lasciando i loro cari, attraversando le notti della paura e della solitudine, vivendo sulla propria pelle la discriminazione e la violenza.”
Fin dall’inizio del suo pontificato, Papa Leone è stato una voce costante in difesa dei poveri e degli emarginati, testimoniando la necessità di “seguire Cristo nella vita di ogni giorno, senza paura di sporcarsi le mani per amore”.
“Mettere Cristo al centro”: la chiamata del Papa
Monsignor Fortunatus Nwachukwu, Segretario del Dicastero per l’Evangelizzazione, ha sottolineato la forza del messaggio del Pontefice:
“Sai, Papa Leone è forse la cosa migliore che potesse accadere alla Chiesa — alla Chiesa e al mondo — in questo momento. Se ricordi il suo primissimo intervento dopo essere stato eletto Papa, disse che dobbiamo tornare a Cristo e mettere Gesù Cristo al centro. Mettere Gesù Cristo al centro significa tornare al piano originale di Dio, che è l’immagine e somiglianza di Dio.”
Durante la celebrazione, il Papa ha invitato tutti a proseguire la missione di Cristo nelle “periferie del mondo”, nei luoghi segnati da guerre e ingiustizie.
Festa dei Popoli: la gioia della diversità
Dopo la Messa, i Giardini di Castel Sant’Angelo hanno accolto la “Festa dei Popoli”, un pomeriggio di musica, testimonianze e danze da oltre venti Paesi, sotto il tema “Migranti e Missionari di Speranza tra i Popoli”.
Padre Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes, ha raccontato con entusiasmo:
“Bello perché ci stiamo esprimendo in tutte le lingue del mondo, in tutte le culture del mondo, nel pieno rispetto, però, nel rispetto della diversità, ma capendo della ricchezza, non con la paura dell’altro, ma l’altro, il mio amico si esprime, canta, prega in maniera diversa. Io posso imparare da lui, lui può imparare da me.”
La giornata è stata un segno di speranza e di unità, dove le differenze culturali sono diventate ponti di amicizia e non barriere.
Migranti: nostalgia e gratitudine
Molti migranti presenti hanno condiviso la gioia di aver trovato una nuova casa a Roma, pur portando nel cuore la nostalgia per le proprie terre.
Giancarla Terceros, originaria di Cochabamba, in Bolivia, ha espresso questo sentimento con parole toccanti:
“Noi ovviamente, come tutti, speriamo che loro stiano bene, magari nel frattempo potere aiutare per questo benessere. E siamo fiduciosi che comunque la Bolivia ha tanto da dare, c’è tanto lì di bello, di buono. Che scappare è proprio l’ultima spiaggia, diciamo così, perché è il nostro paese, è il nostro cuore, è la nostra essenza. Credo che quello che siamo è grazie anche a dove siamo nati.”
Missione e fede: la testimonianza dal Vietnam
Anche i missionari hanno partecipato numerosi, portando la voce delle Chiese locali.
Suor Mary Cecilia, missionaria dal Vietnam, ha raccontato:
“Diciamo c’è una grande Chiesa locale in Vietnam perché c’è la vocazione giovanile e anche la vita parrocchiale: i cristiani sono molto attivi nella vita missionaria e anche nella vita di fede. Ci sono tanti missionari che vengono da fuori, ma anche noi, come missionari locali, siamo inviati a servire il Vangelo.”
Le sue parole hanno testimoniato lo spirito di scambio e collaborazione che anima la missione della Chiesa nel mondo.
Una Chiesa più viva e più aperta
Concludendo la celebrazione, Papa Leone XIV ha ribadito che questo spirito di incontro e fraternità “ha il potere di rinnovare la Chiesa e di sostenere un cristianesimo più aperto, più vivo e più dinamico.”
Il Giubileo dei Missionari e dei Migranti resta così un segno profetico per il nostro tempo: un invito a vivere la fede non come chiusura, ma come apertura, non come distanza, ma come abbraccio.






