Quando Edoardo Ricci si lega all’imbrago o si prepara a scalare una parete tra le vette alpine, rivolge sempre una preghiera silenziosa al Beato Pier Giorgio Frassati.
«Credo che sia stato lui a salvarmi», racconta Ricci, ricordando il giorno in cui fu travolto da una valanga durante un’escursione sugli sci. «Sono stato vittima di una slavina… e ne sono uscito illeso».
Ricci, insieme a molti altri appassionati di montagna, escursionismo e sci, avrà presto un patrono celeste per le sue avventure in alta quota.
Mentre la Chiesa Cattolica si prepara a canonizzare Frassati — giovane torinese morto di poliomielite nel 1925 a soli 24 anni — una nuova generazione sta riscoprendo la sua passione per le vette e la sua profonda spiritualità, racchiusa in una frase divenuta celebre: “Verso l’alto”.
«L’alpinismo è un modo per toccare l’intangibile», spiega Ricci. «Quando sei solo o con un paio di amici in montagna, puoi percepire il silenzio… e sentirti molto vicino a Dio».

Sulle orme di Frassati
Oggi Ricci sta mappando i percorsi alpini compiuti da Frassati, molti dei quali sono ascese impegnative che richiedono esperienza e preparazione.
«Era sicuramente un ottimo alpinista per i suoi tempi», sottolinea Ricci, ricordando che Frassati era membro del Club Alpino Italiano.
Tra le scalate più ardue da lui affrontate c’è il Monte Grivola, nel Parco Nazionale del Gran Paradiso: una vetta di quasi 4.000 metri.
«Non è una salita difficile tecnicamente, ma la roccia è instabile», spiega Ricci. Dopo averla conquistata in due giorni, Frassati scrisse con gioia su una foto scattata dalla cima: “Grivola victa est” — Grivola è vinta.

Scrivendo a un amico nel 1923, Frassati confessava: «Ogni giorno mi innamoro sempre di più della montagna, e se lo studio me lo permettesse, passerei giornate intere in alta quota, contemplando nella purezza di quell’aria la grandezza del Creatore».
La croce e le vette
Tra le sue imprese più significative c’è anche la scalata al Grand Tournalin, nella Valle d’Aosta, compiuta con una guida alpina e conclusa con una vista mozzafiato su Cervino e Monte Rosa.
Sognava di scalare anche il Cervino e il Monte Bianco, ma il padre glielo proibì, ritenendoli troppo pericolosi. Riuscì invece a salire fino alla cima dello Château des Dames, a 3.500 metri, conquistando l’ammirazione della sua guida.

Più vicino a casa, Frassati saliva spesso sul Monte Mucrone, ben visibile dalla finestra della sua camera a Pollone, il paese dei suoi nonni. Un giorno scrisse su un foglietto, attaccato alla porta: «Montagne, montagne, montagne, vi amo!»
Nel 1920 partecipò perfino a una Messa in vetta al Mucrone, testimoniando come la fede lo accompagnasse sempre, anche nel cuore della natura.

Scalatore, sciatore, pellegrino
Oltre che alpinista, Frassati era anche un appassionato sciatore. Frequentava la Val di Susa, oggi famosa per le località sciistiche di Sestriere e Cesana.
«All’epoca non c’erano strade», spiega Ricci, «quindi si saliva con gli sci e poi si scendeva. Amava la montagna in ogni sua forma».
Pochi giorni prima di morire, Frassati affrontò un’ultima scalata nelle Valli di Lanzo. La foto di quella salita lo ritrae in cordata, mentre sul retro scriveva per l’ultima volta il suo motto: “Verso l’alto”.

Oropa: fede e fatica
Non tutte le sue escursioni erano imprese sportive. Alcune erano veri pellegrinaggi. Ogni volta che tornava a Pollone, Frassati percorreva a piedi i sei chilometri in salita fino al Santuario di Oropa, dove si venera da secoli la Madonna Nera.
In una lettera del 1925 scriveva: «Domani, come ogni volta che lascio Pollone, salirò a Oropa per pregare nel Santuario. Ti ricorderò ai piedi della Madonna bruna».

Christine Wohar, presidente di Frassati USA, racconta un aneddoto curioso: per non perdere l’appuntamento con Dio all’alba, Frassati aveva inventato una “sveglia manuale” legandosi una corda al polso e facendola penzolare dalla finestra, così il giardiniere poteva tirarla e svegliarlo senza disturbare il resto della casa.
Oggi migliaia di pellegrini percorrono i “Sentieri Frassati” fino a Oropa, e molti continuano fino alla vetta del Monte Mucrone. È un cammino di fede che attraversa la bellezza del creato e la profondità della spiritualità cristiana.

Un santo moderno, con le sfide di ogni giovane
Ma le montagne non furono le uniche sfide di Frassati. Secondo don Luca Bertarelli, parroco di Pollone, anche la vita familiare fu per lui una vera croce: «Era molto diverso dai suoi genitori, che non capivano la sua spiritualità e il suo stile di vita semplice. Questo lo faceva soffrire».

Anche gli studi universitari furono una prova. Nonostante fosse brillante, scelse ingegneria mineraria, una facoltà estremamente difficile. E perfino la preghiera, per lui, non fu mai una via facile. «Scriveva che pregare era difficile, e questo è segno di una grande interiorità spirituale», aggiunge il sacerdote.
«Verso l’alto», per Frassati, non era solo una meta fisica, ma l’orientamento di tutta la sua anima. Come conclude don Bertarelli:
«Dio è quell’altezza che desideriamo raggiungere».
Tradotto e adattato dal team di EWTN Italia. L’originale si trova qui.






