Skip to content

Il nunzio in Ucraina: “La nostra speranza sta nella preghiera”

Leone XIV, Kulbokas | Leone XIV incontra il nunzio in Ucraina Visvaldas Kulbokas, Palazzo Apostolico Vaticano, 6 giugno 2025 | Vatican Media

Il ruolo della Chiesa. La vita della popolazione dopo quasi quattro anni di guerra. Il senso della pace giusta.

Forse la speranza umana non basta, e allora l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, nunzio in Ucraina, guarda piuttosto alla speranza data dalla preghiera. A Roma per il Giubileo dei rappresentanti pontifici, il nunzio a Kyiv, che non ha mai lasciato il suo posto nemmeno quando tutte le altre ambasciate avevano abbandonato la capitale (unico ambasciatore insieme a quello di Polonia) tratteggia la situazione nel Paese dopo quasi quattro anni di guerra, e sottolinea l’importanza del ruolo della Chiesa in una nazione ferita.

Tra i primissimi appelli di Leone XIV, c’è stato l’appello per una pace giusta e duratura in Ucraina. Cosa si intende per pace giusta e duratura? 

Ci sono almeno due aspetti nell’aggettivo “giusto” attribuito alla pace. La parola pace dovrebbe già essere sufficiente, ma, purtroppo, nella situazione attuale il concetto di pace viene manipolato e usato, e a volte descritto in senso riduttivo, come se il cessate il fuoco sia la pace, o l’occupazione sia la pace.

E dunque cosa è?

Significa una vera pace, non una pace fasulla. Non una pace che nasconde una occupazione. E poi una pace giusta prevede una vera giustizia, intesa come il prevalere del diritto sull’egoismo e sugli interessi particolari. Se non ci sarà questa giustizia, su quale base noi costruiremo la pace? Molto presto qualcuno potrebbe far valere la legge del più forte. Senza diritto, resta la grande tentazione di distruggere la pace appena costruita.

Verità e giustizia, dunque, come fondamento della pace…

Ci sarebbero altri aspetti. Tra questi, c’è necessariamente lo sguardo verso la riconciliazione. C’è un lavoro da fare per riconciliare i popoli e i cuori. Uno dei presupposti della riconciliazione è prima di tutto la riconciliazione nella vita di tutti i giorni, perché è umanamente difficile riconciliarsi con l’aggressore mentre questo continua ad aggredirti. Almeno l’aggressore deve smettere l’aggressione e deve riconoscere l’altro, il suo diritto di esistere.

E l’Ucraina sente il diritto di esistere? 

C’è, in Ucraina, la grande preoccupazione di esistere. Lo noto quando leggo i commenti delle delegazioni ucraine a seguito dei vari negoziati che si sono svolti a maggio e all’inizio di giugno. Le delegazioni mostrano la riaffermazione del loro diritto di esistere e di sopravvivere. Se venisse costruita una pace in cui viene negato il diritto di un popolo ad esistere, già non si potrebbe parlare più di una pace giusta.

E in questa guerra lei vede la volontà di annientamento dell’Ucraina o la volontà della Russia di crearsi uno spazio di difesa? 

Non voglio lanciarmi in un commento militare o politico. Mi limito ad osservare che tra Russia ed Ucraina sono stati firmati accordi anche riguardo le frontiere. E c’è un principio internazionale fondamentale, che è quello di rispettare l’altro. Questa aggressione prevede un mancato rispetto dei confini ucraini. E mi chiedo: in base a quale principio io posso decidere che i miei interessi prevalgano sugli interessi dell’altro Paese e della comunità internazionale?

Dopo tre anni di guerra ad alta intensità, e dieci dall’inizio del conflitto, come sta la popolazione ucraina? 

C’è un medico che lavora sei giorni alla settimana in ospedale e il settimo giorno va a difendere il suo quartiere dai droni. Gli attacchi con i droni si sono verificati tutti i giorni in questo 2025. Non ci saranno stati più di dieci giorni e dieci notti nel corso di quest’anno in cui non ci sia stato un bombardamento. E la gente normale, come questo medico, sente il bisogno di difendersi con le proprie mani, si sente coinvolta nella difesa delle proprie case.

È una vita molto faticosa. Ma è più faticosa sul fronte o ovunque?

Ci sono posti come Kherson dove in quattro anni non sono mai passati più di 56 minuti senza alcuna esplosione. È un continuo, e porta una grande stanchezza fisica e psicologica.

Può condividere le sue esperienze di guerra?

È cosa molto diversa viverle sulla propria pelle e raccontarle. È eloquente ciò che succede nelle famiglie quando il marito trova torna dal fronte, e non riesce a comunicare con la moglie, perché il linguaggio, le esperienze sono così diverse. Il soldato ha una esperienza diversa, al limite tra la vita e la morte. E sa che sarebbe anche eccessivo caricare tutto questo peso sui famigliari. È anche la mia difficoltà, parlando con persone che hanno esperienze diverse addirittura all’interno dell’Ucraina, perché ci sono alcune regioni che sono meno direttamente colpite.

Cosa succede in questa situazione?

Si rimane con Dio. Si resta avvolti nella preghiera, ci si lascia abbracciare con Dio. Non c’è solitudine, perché c’è la preghiera di tante persone, di tutta la Chiesa. Direi che la grazia essenziale che ci avvolge è la presenza di Dio. Nelle letture di questi giorni, c’è Gesù che dice che se si ha il Padre, la gioia è piena e completa. È questa la vocazione della Chiesa, vivere una gioia piena nonostante la distruzione perché si sta con Dio. Senza fede e senza preghiera, la dispersione è quasi totale.

Quale è il ruolo che la Chiesa riesce ad avere? 

Ci sono dei luoghi occupati in cui io, come nunzio apostolico, non ho nessun modo di adempiere al mio dovere evangelico di portare l’acqua agli assetati, dare una parola di sollievo agli afflitti. Ci sono dei territori dove fisicamente sembra di vivere in un altro mondo.

Ci sono poi realtà come quelle del fronte, dove la parola “militare” comprende tutti: uomini e donne, chi è volontario e chi è stato costretto, quelli che guardano la morte in faccia, quelli che sono feriti e sanno che moriranno in pochi minuti. I medici e i cappellani militari raccontano che quasi tutti chiedono il perdono dei peccati. C’è un ruolo molto importante della Chiesa: quella di distribuire la grazia, di perdonare i peccati perché questo è il dono più grande che abbiamo. Se non c’è il cappellano, ci sono i commilitoni che pregano per i morenti, che chiedono il perdono del Signore. La Chiesa ha il ruolo essenziale di supportare il Vangelo.

E questo ha un impatto?

Abbiamo parlato di pace giusta. Il Vangelo supera addirittura tutti i discorsi su pace e giusta. Il Vangelo significa costruire, cercare l’incontro con Dio Padre. E se io davvero cerco un incontro con mio Padre, lo annuncio e considero questo annuncio la questione primaria nella mia vita, non mi verrà in mente di distruggere gli altri. Il Vangelo è un’arma spirituale e morale, e la Chiesa lo ha nelle sue mani. L’invito alla preghiera – lo faceva Papa Francesco, lo fa Papa Leone oggi – è un invito a portare il Vangelo, e dunque la pace. Ne ho parlato anche con Papa Leone nell’incontro che ho avuto con lui in questi giorni. Quando la Chiesa annuncia il Vangelo dà il contenuto a tutte le sue attività, a tutte le iniziative umanitarie che mette in campo.

Siamo nel Giubileo della speranza, si celebra adesso il Giubileo dei nunzi. C’è speranza per il Paese in cui lei è nunzio oggi? 

Se devo parlare a livello umano, basandomi sulla sola logica umana, devo dire di no. Per avere speranza, io dovrei poter vedere qualcosa di concreto in azione, dovrei vedere una reale ricerca della pace da parte dei Paesi, e non la ricerca degli interessi personali. Tutti i negoziatori – di tanti processi negoziali, e non solo per la situazione in Ucraina – hanno insistito che il lavoro più grande dipende dalla distanza tra la realtà e la disponibilità. Non si può negoziare senza la disponibilità politica. Si annuncia alla comunità internazionale il raggiungimento di qualche risultato solo quando sembra sia arrivato il momento, ma la maggior parte del lavoro è permettere alle parti di esprimersi davvero. Questo lavoro non mi sembra in questo momento.

Ci lascia dunque senza speranza?

Ci sono gruppi di persone che mi danno una speranza. Ci sono esperti che si riuniscono e riflettono insieme, davvero, sulla pace. Purtroppo, non sono così influenti. Ma grazie a loro ho speranza. Una speranza ridotta in questo momento. Ma poi mi ricordo del messaggio della Vergine a Fatima. Cosa ha chiesto più volte ai pastorelli? Di pregare. In questo senso, desidero farmi uguale a questi pastorelli, a questi piccoli bambini, e riascoltare la Madonna: “Pregate, pregate, pregate e con la preghiera vincerete la pace”.

Questo articolo è stato pubblicato su ACI Stampa e ripreso dal team di EWTN Italia

Ricevi le notizie più importanti da EWTN Italia via WhatsApp. È diventato sempre più difficile vedere le notizie cattoliche sui social media. Iscrivetevi oggi stesso al nostro canale gratuito:

Andrea Gagliarducci

Condividi

Desiderate le ultime novità su chiesa e cultura?

Iscriviti alla nostra Newsletter e ricevi le notizie più importanti via mail


Altre notizie correlate a questo articolo

Il funerale di Papa Francesco / Bénédicte Cedergren / EWTN News

La Chiesa cattolica dice addio a Francesco, il Papa che ci ha abbracciato con il Vangelo della misericordia – VIDEO

Il decano del Collegio Cardinalizio, il Cardinale Giovanni Battista Re, ha sottolineato che il filo conduttore che ha
Immagine referenziale | Canva

Le donne cattoliche dovrebbero identificarsi come “femministe”?

“Le donne cattoliche possono identificarsi come “femministe”?” Un panel di importanti pensatrici cattoliche ha esplorato questa questione durante una recente

Biden sarà in Italia e in Vaticano il 10 gennaio per parlare di pace e ringraziare per il G7

L’ultima volta che un presidente Usa all’ultimo mese di mandato fece un viaggio all’estero fu Bush 30 anni

Papa Francesco: “Il Figlio di Dio non nasce in un palazzo reale, ma nel retro di una casa”

Oggi la meditazione tocca il tema della nascita di Gesù e la visita dei pastori Continua il nuovo
PAPA LEONE XIV AFFACCIATO DALLA LOGGIA DELLE BENEDIZIONI

TESTO COMPLETO: Le prime parole di Papa Leone XIV dopo la sua elezione

Una pace disarmata e disarmante per un mondo ferito: Papa Leone XIV invita a costruire ponti con il

Sacro Collegio: il Cardinale Schönborn compie 80 anni

Stamane il Papa ha accettato la rinuncia del Cardinale Schönborn da Arcivescovo di Vienna Il cardinale Christoph Schönborn,

IN DIRETTA
DAL VATICANO

Siate presenti in
diretta su EWTN.it