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Concilio di Nicea: 1700 anni di unità cristiana contro l’eresia ariana

Il Concilio di Nicea del 325 raffigurato in un affresco nel Salone Sistino in Vaticano. Crediti: Giovanni Guerra (1544–1618), Cesare Nebbia (1534–1614) e collaboratori, Pubblico dominio, via Wikimedia Commons.
Il Concilio di Nicea del 325 raffigurato in un affresco nel Salone Sistino in Vaticano. Crediti: Giovanni Guerra (1544–1618), Cesare Nebbia (1534–1614) e collaboratori, Pubblico dominio, via Wikimedia Commons.

Nel 2025 si celebrano i 1700 anni dal primo Concilio ecumenico della storia: il Concilio di Nicea. Un evento decisivo per l’unità della Chiesa, che ancora oggi risuona nella professione di fede recitata ogni domenica nelle liturgie cattoliche e ortodosse.

Un concilio per l’unità nella fede

Nell’estate del 325 d.C., più di 300 vescovi si radunarono nella città di Nicea — nell’attuale Turchia settentrionale — per formulare un Credo comune, affrontare l’eresia ariana e promuovere l’unità nella Chiesa. Fu il primo Concilio ecumenico, e la sua autorità è ancora oggi riconosciuta dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e da molte denominazioni protestanti.

In quell’occasione si definì la prima formulazione del Credo niceno, che ancora oggi si proclama nella Messa cattolica, nelle liturgie ortodosse e in alcune celebrazioni protestanti. Il Concilio rigettò con decisione l’eresia di Ario, che negava l’eterna divinità del Figlio, affermando invece che il Figlio è “generato, non creato, della stessa sostanza del Padre”.

Un evento storico voluto da Costantino

Fu l’imperatore Costantino, convertito al cristianesimo, a convocare il Concilio meno di 15 anni dopo la fine delle persecuzioni contro i cristiani. Solo due decenni prima, sotto l’imperatore Diocleziano, i cristiani venivano ancora brutalmente perseguitati per il loro rifiuto del paganesimo.

“Quel concilio rappresenta una tappa fondamentale nello sviluppo del Credo condiviso da tutte le Chiese e comunità ecclesiali”, ha dichiarato Papa Leone XIV due settimane fa, in occasione del 1700° anniversario. E ha aggiunto: “Nel cammino verso la piena comunione tra tutti i cristiani, riconosciamo che questa unità può essere solo unità nella fede”.

L’eresia ariana: una sfida alla divinità di Cristo

Scopo principale del Concilio fu rispondere all’eresia di Ario, un sacerdote che sosteneva che Cristo fosse una creatura, non eterno né veramente Dio. Come spiega padre Dominic Legge, teologo domenicano e direttore del Thomistic Institute: “Ario predicava una dottrina scandalosa e incompatibile con la fede trasmessa dalla Scrittura e dalla Tradizione della Chiesa”.

Nel suo scritto Thalia, Ario affermava che il Padre aveva “fatto il Figlio” e che “il Figlio non esisteva prima di essere generato”. Per lui, Cristo era il primo tra gli esseri creati, ma non Dio in senso pieno.

Il Concilio rigettò con forza questa visione, affermando che il Figlio è “Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre”. Solo due vescovi si opposero, mentre oltre 300 votarono a favore della formula nicena.

Sant’Atanasio: il grande difensore della verità

Uno dei principali oppositori di Ario fu sant’Atanasio, presente al Concilio come diacono e poi instancabile difensore della fede nicena. Nella sua Prima Disputa contro gli Ariani, scrisse: “Le Scritture dichiarano l’eternità del Figlio”.

Citava ad esempio il Vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”, e le parole di Gesù: “Prima che Abramo fosse, Io Sono”, facendo eco al nome divino rivelato a Mosè nel roveto ardente.

Per Atanasio, negare l’eternità del Figlio significava minare il cuore stesso del cristianesimo: “Dio si è fatto uomo per la nostra salvezza”.

Unità nella Chiesa del IV secolo

Prima di Nicea, la Chiesa aveva già conosciuto concili e sinodi locali per risolvere dispute dottrinali, come quello di Gerusalemme narrato negli Atti degli Apostoli (At 15). Ma con la fine delle persecuzioni e la conversione di Costantino, fu possibile convocare un concilio realmente “ecumenico”.

Il Concilio cercò anche di affrontare altre questioni aperte: date liturgiche (come quella della Pasqua), competenze episcopali e norme canoniche. “Costantino voleva promuovere l’unità e favorire la risoluzione dei conflitti”, spiega il professor Thomas Clemmons della Catholic University of America.

L’eredità del Credo niceno

Il Credo di Nicea non fu subito accolto ovunque: in Oriente fu più rapidamente recepito, mentre in Occidente il processo fu più lento. Nonostante tentativi successivi di rimetterlo in discussione, alla lunga il Credo niceno si impose come espressione della vera fede cristiana.

Solo nel 380, con l’imperatore Teodosio, il cristianesimo niceno fu dichiarato religione ufficiale dell’Impero romano. L’anno successivo, il Concilio di Costantinopoli riaffermò le decisioni di Nicea, ampliando il Credo con un riferimento allo Spirito Santo e alla Chiesa.

Errori comuni sul Concilio di Nicea

Sono molte le idee sbagliate diffuse oggi sul Concilio di Nicea. Tra le più comuni, l’idea che abbia stabilito il canone biblico. In realtà, questo argomento non fu nemmeno discusso a Nicea.

Un altro errore è pensare che il Concilio abbia “fondato” la Chiesa o il papato: al contrario, le strutture episcopali, incluso il ruolo del Vescovo di Roma, esistevano già da secoli. Nicea si limitò a chiarire alcune questioni giurisdizionali.

Come sottolinea Clemmons, le definizioni dottrinali di Nicea non erano una novità assoluta, ma la conferma della fede che la Chiesa aveva sempre professato fin dalle origini.

Tradotto e adattato dal team di EWTN Italia. L’originale si trova qui.

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