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Vescovo Marín: “Vi presento la vocazione agostiniana di Leone XIV”

Leone XIV, Marin | Papa Leone XIV con il vescovo Luis Marín de San Martin | LMdSM

Un Papa profondamente agostiniano, un uomo di dialogo, un capo non accentratore: Leone XIV visto dal vescovo Marin, agostiniano, sottosegretario del Sinodo

È un Papa dal carisma profondamente agostiniano, un uomo di dialogo, con un temperamento molto tranquillo. Non è un accentratore, ma nemmeno una persona che non sa decidere. Il vescovo Luis Marín de San Martín, agostiniano, sottosegretario del Sinodo dei vescovi, fu chiamato a Roma come archivista della Curia degli Agostiniani dall’allora superiore, Robert Francis Prevost. Oggi, il suo vecchio superiore è diventato Papa, ma è rimasto profondamente agostiniano e legato alla comunità agostiniana. Lo si vede dalle uscite (la Madonna di Genazzano, il pranzo nella Curia degli Agostiniani, la festa per i 70 anni del superiore Moral), lo si vede anche dal suo modo di porsi. Ma in che cosa si vede la spiritualità agostiniana del Papa? E che tipo di pontificato sarà? Il vescovo Marín lo spiega in questa intervista.

Che tipo di agostiniano è Leone XIV? Abbiamo visto come è vicino alla comunità, come tornasse a pranzo in comunità spesso anche quando lavorava alla congregazione dei vescovi. Quale è la spiritualità agostiniana e come si declina in questo Papa?

Già nel suo primo messaggio, dal balcone centrale della Basilica Vaticana, il nuovo Papa si presentò senza esitazione: “Sono figlio di sant’Agostino, agostiniano”. Il carisma agostiniano lo configura, come ci configura a tutti noi agostiniani. È il nostro modo di seguire Cristo e di servire la Chiesa. Il carisma non viene considerato in modo chiuso, “autoreferenziale”, per usare l’espressione di Papa Francesco, ma come ricchezza donata e condivisa nella Chiesa.

Forse la caratteristica più importante del carisma agostiniano è il senso di comunità, di fraternità, inteso in modo forte: “avere un’anima sola e un cuore solo protesi verso Dio”, come dice la nostra Regola. Non è solo abitare nella stessa casa o lavorare insieme, ma vivere la comunione con i fratelli, l’amicizia in senso profondo e totale. E questo è solo possibile a partire dall’unione con Cristo, cioè da un’intensa esperienza esistenziale e spirituale. Inoltre, ha un significato molto dinamico, perché ci coinvolge nel mondo, ci rende solidali con l’intera famiglia umana. Non è una spiritualità di separazione, ma di incontro, di inclusione. Abbiamo già qui tre tratti interconnessi: comunione-interiorità-dimensione sociale.

Questo è ciò che Robert Francis Prevost ha sperimentato da quando nel 1978 ha professato nell’Ordine Agostiniano e ciò che ha sempre testimoniato nelle diverse fasi della sua esistenza. Non ci sono dubbi: Papa Leone XIV è essenzialmente un agostiniano. Questa è una chiave essenziale per capirlo.

Essere agostiniano oggi cosa significa? In che modo ci si pone di fronte alle sfide del mondo? Quali sono le grandi sfide, quali le grandi risposte?

Significa vivere il carisma degli agostiniani proprio in questo tempo, in questa epoca specifica, con le sue sfide e possibilità. Sant’Agostino fu un uomo del suo tempo, molto coinvolto nella realtà, non sempre facile, del Basso Impero Romano, in mezzo anche alle tensioni e alle divisioni della Chiesa africana. Perciò è molto opportuno conoscere il contesto in cui visse sant’Agostino. Nella sua storia il nostro Ordine ha sempre sviluppato una forte dimensione evangelizzatrice. Gli agostiniani, fin dall’inizio, si recarono nelle città per impegnarsi nel lavoro pastorale e portarono avanti un grande impegno missionario. Perciò, come ho già detto, non si tratta di separarsi dal mondo, ma di conoscerlo, amarlo e servirlo, di coinvolgersi nella sua realtà per portargli la gioia del Vangelo.

Occorre saper leggere i segni dei nostri tempi ma sempre da Cristo, cioè con lo sguardo misericordioso di Dio. Viviamo in un’epoca concreta e, allo stesso tempo, piena di varietà e di forti contrasti. Ecco perché la risposta non scaturisce da uno spiritualismo evanescente, ma dall’amore incarnato in ogni situazione, nell’oggi della storia. Non bastano ricette prefabbricate, è necessario conoscere il contesto sentendosi parte del nostro mondo. Come direbbe sant’Agostino, il cristiano è Cristo, cioè la definitiva risposta di Dio ai bisogni dell’umanità.

In cosa rivede la spiritualità agostiniana in questo Papa? E cosa la spiritualità agostiniana può portare al pontificato?

Tre sono gli atteggiamenti fondamentali nel Papa di chiaro stile agostiniano: umiltà, ricerca della verità e senso della fraternità cristiana. La prima lo porta alla disponibilità, a partire dalla assoluta fiducia nel Signore; la seconda lo spinge alla conoscenza esperienziale di Cristo e all’ascolto della voce dello Spirito; la terza lo inserisce nel Popolo di Dio per camminare insieme e servirlo.

Per quanto riguarda alle grandi opzioni, non possiamo prevedere come si svilupperà il futuro. Dirò soltanto che, a mio avviso e considerando la spiritualità agostiniana, il pontificato sarà orientato dall’ordo amoris. Avrà una forte componente religiosa e un chiaro inserimento nel mondo di oggi; dalla sicurezza dottrinale, si batterà per la pace e la giustizia, con una vigorosa dimensione sociale; sarà stabile, sereno, solido, e allo stesso tempo dinamico e con una chiara prospettiva ecumenica e missionaria. In ogni caso il centro sarà sempre l’amore (caritas).

Colpisce che Leone XIV ha mostrato una chiara attenzione ai segni e ai gesti, anche in cose apparentemente “normali”, come il fatto che abbia deciso di portare la mozzetta nella sua prima apparizione dalla loggia delle benedizioni. Quanto sono importanti i segni per gli agostiniani?

I segni esterni sono un modo non solo per esprimere decoro, ma per mostrare la propria identità, ad esempio l’uso dell’abito nel caso degli agostiniani. Lo stesso si può dire dei paramenti liturgici. Ma i segni esteriori non possono staccarsi dalla realtà interiore che rappresentano, altrimenti il ​​segno diventa vuoto e privo di significato. Rimaniamo allora nella vana esteriorità, correndo il rischio di cadere nel “rubricismo”, nel rispetto puntiglioso della norma in quanto tale, o addirittura di lasciarci intrappolare dalla vanità. Per sant’Agostino le forme esterne sono manifestazione di una realtà più profonda. Sebbene siano importanti, hanno un carattere secondario, strumentale e transitorio rispetto all’essenza divina e alla verità interiore. Dobbiamo considerare sempre la realtà che significano.

Perciò ci ricorda che sia la forma esterna sia il rito devono essere rinvigoriti internamente dallo spirito.

Per quanto riguarda l’uso della mozzetta da parte di Papa Leone XIV, mi sembra che questa sia una questione molto secondaria. Le norme liturgiche stabiliscono qual è l’abito corale del Papa: talare bianca con pellegrina, fascia e zucchetto bianchi, rocchetto di lino e mozzetta rossa. Papa Francesco, liberamente ed esercitando la propria autorità, scelse di non indossare mai il corale, solo l’abito piano. È un’eccezione. Ma neanche ha voluto abolire o cambiare la norma, semplicemente non l’ha seguita per motivi personali. Papa Prevost è tornato a quanto stabilito. Tutto qui.

Ci dobbiamo aspettare un pontificato di sorprese o un pontificato di straordinaria regolarità e disciplina? 

Credo che non si debbano presentare come realtà opposte o alternative, ma piuttosto complementari. Robert Prevost ha una personalità riflessiva, serena, ordinata, calma. È matematico e canonista. È sempre stato un gran lavoratore, disciplinato e di grande equilibrio interiore. Allo stesso tempo è determinato, generoso, coraggioso, coinvolto. Nemmeno dimentichiamo che è un uomo di preghiera e di profonda vita interiore, saldamente fondato su Cristo risorto. È anche importante ricordare che è figlio del Concilio Vaticano II e che è stato formato nell’ecclesiologia conciliare. Per il resto non esita a difendere ciò che ritiene giusto e si è sempre schierato al fianco dei deboli e degli esclusi. E si è caratterizzato per essere missionario come scelta personale in tutte le circostanze della vita.

Questa ricca personalità si rifletterà evidentemente nel pontificato. Dai suoi testi possiamo estrarre alcune chiavi riguardanti l’attività pastorale: il cristiano partecipa alla stessa missione di Cristo, deve ascoltare lo Spirito ed esprimere l’amore alla Chiesa, a partire da un profondo senso di comunione. Prevost non è mai stato un dissidente, ma un uomo che vive la libertà dei figli di Dio. La sua personalità non lo porta al confronto, ma piuttosto al dialogo, a costruire ponti e creare legami. Un’altra importante realtà è che non si è mai lasciato limitare o condizionare dai gruppi di pressione, dalle “cordate”, ma ha preso le decisioni necessarie in libertà, dopo aver ascoltato, pregato e riflettuto, come esigenza del suo stesso ministero.

Con un uomo del genere, probabilmente le sorprese saranno molte. Ma non li cercherà per la novità in sé, per sorprendere e impressionare, ma saranno piuttosto una conseguenza della sua fede, vocazione e servizio che scaturiscono dal Vangelo. Ecco perché sono sicuro che sarà un Papa eccezionale.

Quanto il carisma agostiniano ha formato Papa Leone XIV?

Il legame di Robert Francis Prevost con gli agostiniani risale a molto tempo fa. Nel 1969, all’età di quattordici anni, entrò nel St. Augustine Seminary High School, Holland (Michigan); ha poi studiato alla Villanova University, Philadelphia (Pennsylvania), l’unica università cattolica agostiniana negli Stati Uniti, dove si è laureato in matematica nel 1977. Nel settembre dello stesso anno è entrato nel noviziato dell’Ordine di Sant’Agostino, a Saint Louis, ed ha emesso la prima professione il 2 settembre 1978, affiliandosi alla provincia agostiniana di Nostra Signora del Buon Consiglio di Chicago. Il 29 agosto 1981 ha emesso i voti solenni. Così fin da giovanissimo è stato in contatto con gli agostiniani e ha conosciuto la figura di sant’Agostino. Progressivamente conobbe anche l’Ordine, nel quale prestò servizio come formatore, priore provinciale e priore generale.

Da buon figlio di sant’Agostino, Prevost favorì sempre gli studi sulla figura e il pensiero del Vescovo d’Ippona, con l’urgenza di farlo conoscere. Ma, come ho già indicato, il suo agostinismo non rimane nella astrattezza o nel mero gioco teorico ma viene assunto e interiorizzato per illuminare sia l’esistenza che l’attività pastorale. Sant’Agostino è un fedele compagno di viaggio nel cammino della vita, che Papa Leone non dovrà mai percorrere da solo, ma sempre insieme a tanti fratelli.

Leone XIV ha parlato subito di sinodalità. Quanto la sinodalità è importante per il carisma agostiniano? E come sarà secondo lei sviluppata?

Infatti, già nel suo primo messaggio Papa Leone indicava che “vogliamo essere una Chiesa sinodale, una Chiesa che cammina, una Chiesa che cerca sempre la pace, che cerca sempre la carità, che cerca sempre di essere vicino specialmente a coloro che soffrono”. Quando è stato creato cardinale, il 30 settembre 2023, Prevost ha rivolto a Papa Francesco, a nome dei nuovi cardinali, un indirizzo di omaggio e ringraziamento. Nel suo discorso ha affermato che “essere una Chiesa sinodale che sa ascoltare tutti è la via non solo per vivere la fede personalmente, ma anche per crescere nella vera fraternità cristiana”. E proseguiva: “Al di là della ricerca di nuovi programmi o modelli pastorali, che sono sempre necessari e importanti, credo che dobbiamo comprendere sempre più che la Chiesa lo è pienamente solo quando ascolta veramente, quando cammina come nuovo popolo di Dio nella sua meravigliosa diversità, riscoprendo continuamente la propria chiamata battesimale a contribuire alla diffusione del Vangelo e del Regno di Dio”.

La sinodalità è presente nella vita, nello stile e nelle strutture dell’Ordine Agostiniano, che assume l’eredità spirituale di sant’Agostino, con il quale si identifica. Quest’Ordine, fondato nel 1244, fa parte dei cosiddetti ordini mendicanti creati nel Basso Medioevo. Ha tratti molto sinodali che possiamo trovare soprattutto nelle strutture e nello stile di governo. Ad esempio, a differenza degli ordini monastici, le case dei mendicanti, in linea di principio, non si denominano monasteri, ma conventi (dal latino convernire, riunirsi); i membri dell’Ordine non vengono chiamati don (dominus, signore) ma fra (frater, fratello). L’autorità non è un abate (abbas, padre) a vita, ma un priore, primo tra i pari, con mandato sempre temporaneo; la struttura suprema di governo è costituita dai capitoli (locale, provinciale e generale), che si tengono periodicamente con la partecipazione diretta o indiretta dei frati; non si professa per un luogo specifico (stabilità), ma per l’intero Ordine (disponibilità e mobilità).

A partire da questa formazione ed esperienza, Leone XIV continuerà a promuovere e sviluppare la sinodalità, perché è una dimensione costitutiva della Chiesa.

Che tipo di governo ci dobbiamo aspettare? Un governo personale o un governo collegiale?

Il 10 maggio, nel suo discorso ai cardinali, riferendosi al cammino che la Chiesa universale sta seguendo da decenni sulle orme del Concilio Vaticano II, Papa Leone XIV ha indicato la necessità di crescere nella collegialità e nella sinodalità.

Non ha mai praticato uno stile di governo autoritario e piramidale. Non è il nostro stile. Sa ascoltare tutte le opinioni, il che non significa che sia d’accordo con tutto ciò che gli viene detto. Ma ascolta. Sa anche lavorare in squadra, non solo distribuire il lavoro. Come vescovo ha saputo valorizzare la corresponsabilità dei presbiteri e dei laici, considerando sia la comune responsabilità che nasce dal Battesimo sia la varietà delle vocazioni, dei carismi e dei ministeri nella Chiesa.  Non è interventista, ma rispettoso della responsabilità degli altri.

Si fa anche presente, conosce le realtà e sostiene le persone. Quando era priore generale ha visitato tutti i conventi dell’Ordine, sparsi nei cinque continenti, alcuni più volte, ha parlato con tutti i frati, con le monache, con tanti laici impegnati nelle nostre attività.

È anche consapevole delle sue responsabilità di governo e le assume senza esitazione. Sa prendere decisioni. È stato un uomo molto apprezzato e stimato, come priore, vescovo e prefetto. In conclusione, ha una grande capacità di leadership, che esercita senza chiasso ma efficacemente.

Infine, mi può raccontare qualche aneddoto o storia del Cardinale Prevost, per come lo ha conosciuto? La ha sorpresa che abbia visitato subito la Curia degli Agostiniani?

L’ho conosciuto quando era priore generale e visitava i conventi della Spagna. Poi fu lui a portarmi a Roma nel 2008. Mi chiamò telefonicamente e mi disse che aveva pensato a me per svolgere l’incarico di archivista generale dell’Ordine e partecipare ad alcune commissioni. Poi mi ha chiesto se accettavo l’incarico. Abbiamo vissuto nella stessa comunità per cinque anni, gli ultimi del suo mandato. È stato allora che ho potuto conoscerlo meglio e apprezzarne la serena affabilità e il senso di comunità. Nonostante gli impegni, quando era a Roma non si lasciava sfuggire gli eventi comuni. Un dettaglio significativo è che non ricordo di averlo mai visto arrabbiato: se qualcosa gli dà fastidio, mantiene una grande serenità, senza turbarsi né agitarsi. Ha un cuore gentile e sensibile, ma non è un uomo dalle emozioni violente. È chiaro e preciso nell’analisi degli argomenti e quando gli fai una domanda o gli chiedi un consiglio, dà sempre risposte ponderate e precise. Per quanto riguarda gli hobby, gli piace molto guidare la macchina. Ricordo che la prima volta che andai a trovarlo a Chiclayo, mi portò a vedere la città e i dintorni, guidandolo e talvolta premendo un bel po’ l’acceleratore. E gli piace anche l’esercizio fisico. Ultimamente ha giocato spesso a tennis.

La visita alla nostra comunità della Curia Generalizia Agostiniana il giorno 13 maggio è stata preceduta dalla visita del giorno 10 al Santuario della Madonna del Buon Consiglio, a Genazzano, devozione molto cara all’Ordine. Era la sua prima uscita da Papa. L’immagine del Buon Consiglio era presente accanto all’altare nel “sagrato” di piazza San Pietro, durante la messa d’inizio del ministero petrino. Poi, domenica 1° giugno, ha visitato il Collegio Santa Monica e condiviso il pranzo in occasione del compleanno del priore generale.

La visita alla Curia Agostiniana non è stata una sorpresa. Lui è sempre stato molto legato alla nostra comunità, è un frate agostiniano e lo sarà sempre. Lo aspettavamo. Condivido qui le annotazioni che ho scritto quella giornata indimenticabile: “È arrivato con la semplicità e la sicurezza di chi sa stare a casa. Noi, la sua famiglia, lo abbiamo accolto con grande gioia. È il nostro fratello agostiniano, il Santo Padre Leone XIV. Rispetto, fedeltà, obbedienza. Ci assumiamo la responsabilità da agostiniani affinché la nostra testimonianza sia più coerente, più generosa, più coinvolta, più gioiosa. Un’anima sola e un cuore solo protesi verso Dio. Con gli altri, per gli altri. Leone XIV: la tua dedizione ci ispira; la tua benevolenza ci disarma; il tuo servizio ci incoraggia; la tua sicurezza ci conforta. L’amore come asse, la comunione come esigenza, l’evangelizzazione come impegno. Nel mondo di oggi, con le sue sfide e speranze. Sant’Agostino ispiri Papa Leone, la Vergine del Buon Consiglio lo guidi e tutti noi, soprattutto i membri della Famiglia Agostiniana, lo sosteniamo con la forza della nostra preghiera e la vicinanza del nostro affetto”.

Questo articolo è stato pubblicato su ACI Stampa e ripreso dal team di EWTN Italia

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Andrea Gagliarducci

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