Ogni 28 aprile la Chiesa Cattolica celebra Santa Gianna Beretta Molla (1922-1962), sposa, madre di famiglia e medico. Gianna sacrificò la propria vita — rinunciando al trattamento contro il cancro — per salvare il bambino che portava in grembo. Per questo motivo Papa San Paolo VI le riservò queste onorevoli parole: “[Beretta] fu una madre che, per dare alla luce il suo bambino, sacrificò deliberatamente la propria vita in un atto di immolazione”.
Gianna Beretta può essere considerata una vera eroina nella lotta per la difesa della vita umana e della sua dignità. Oggi, per il suo sacrificio, è “patrona delle madri, dei medici e dei bambini non ancora nati”, nonché “patrona delle donne incinte e di quelle affette da cancro uterino e mammario”.
L’incontro con Dio e con Maria
Gianna Beretta nacque nel 1922 a Magenta, cittadina della provincia di Milano, in Italia. Fin da piccola accompagnava la madre alla Messa quotidiana. A 15 anni ebbe l’opportunità di partecipare a un ritiro spirituale ignaziano che lasciò una profonda impronta nella sua vita: Gianna decise di camminare sempre accanto a Dio e di sforzarsi di raggiungere la santità. Fu durante quel ritiro che prese la risoluzione di vivere sempre secondo questa massima: “Mille volte morire piuttosto che commettere un peccato mortale”.
Gli anni successivi trascorsero tra la casa, la scuola, la bellezza dei prati della Lombardia e il servizio alla Chiesa. Gianna fu una grande devota della Vergine Maria, al punto che, poco prima di morire, rivolse costantemente le sue preghiere alla Madre di Dio, che chiamava “la sua Mamma”: “Confido in te, dolce Madre, e sono certa che non mi abbandonerai mai”.
La giovane italiana faceva spesso riferimento alla Madonna nel suo apostolato; così, quasi impercettibilmente, le tracce del suo amore filiale rimasero profondamente impresse nella memoria di molte persone. Gianna teneva sempre accanto a sé Maria: in casa, negli incontri con le giovani dell’Azione Cattolica e nelle lettere che scriveva a Pietro, il suo futuro sposo.
La chiamata alla santità come donna sposata
Gianna si distinse sempre per la sua vocazione al servizio. Ne fu espressione il suo ingresso alla facoltà di medicina e la successiva specializzazione in pediatria. Era convinta che, attraverso la scienza e l’amore per il prossimo, sull’esempio di Cristo, si potesse compiere un bene immenso. Una volta laureata, poté realizzare uno dei suoi sogni più grandi: curare i bambini poveri che non potevano permettersi le cure mediche.
Gianna parlava così del senso della sua professione: “Non dimentichiamo che nel corpo del nostro paziente c’è un’anima immortale. Siamo onesti e medici di fede”. A differenza di molti altri medici che hanno snaturato il senso della loro missione, Gianna era preoccupata soprattutto di difendere la vita umana e di proteggerla incondizionatamente; sapeva quanto fosse importante incoraggiare le donne ad accogliere i propri figli e a rifiutare l’aborto.
Tempo dopo, attraverso un processo di discernimento, scoprì che Dio la chiamava a formare una famiglia. Quando incontrò un buon uomo, Pietro Molla, decise di accettare la sua proposta di matrimonio.
Essere madre: la pienezza dell’amore
Gianna formò una splendida famiglia, benedetta da tre figli. Purtroppo, all’inizio della quarta gravidanza, i medici le diagnosticarono un tumore all’utero. La posizione del tumore rendeva necessaria un’operazione chirurgica, ma con il rischio di perdere la bambina che portava in grembo. I medici le suggerirono di abortire e di procedere con l’asportazione totale dell’utero per “minimizzare” i rischi. Gianna rifiutò questa proposta e chiese ai medici di pensare prima di tutto a salvare la vita della figlia.
La santa sapeva che la sola possibilità di rimuovere il fibroma significava sacrificare la bambina. Oggi, tristemente, un simile intervento rientrerebbe perfettamente in quello che viene erroneamente definito “aborto terapeutico”.
Gianna scelse di portare a termine la gravidanza, mettendo a rischio la propria vita: “Se bisogna decidere tra la mia vita e quella della bambina, non esitate; scegliete — lo esigo — la sua. Salvatela”.
Donare la vita e non la morte
Alla fine, i medici riuscirono a salvare la bambina. Gianna Beretta diede alla luce una bellissima bambina il 21 aprile 1962. Tuttavia, rimase molto debole dopo l’intervento e, pochi giorni dopo, il 28 aprile, morì ripetendo più volte: “Gesù, ti amo; Gesù, ti amo”. Gianna aveva solo 39 anni.
Gianna Beretta Molla è stata beatificata il 24 aprile 1994 da Papa San Giovanni Paolo II.
Lo stesso Pontefice la canonizzò il 16 maggio 2004.
Tradotto e adattato dal team di ewtn.it. L’originale si trova qui.