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Che cos’è la profezia di Malachia e perché se ne parla?

Il libro delle Profezie di Malachia | wiki
Il libro delle Profezie di Malachia | wiki

La recente morte di Papa Francesco, avvenuta il 21 aprile, ha riacceso l’interesse per l’antica “Profezia dei Papi”, conosciuta anche come la profezia di San Malachia, che alcuni sostengono indichi che Papa Francesco sia stato l’ultimo Papa della Chiesa.

Secondo la Enciclopedia Cattolica, questa profezia di oltre 900 anni fa pretenderebbe di descrivere ciascun Papa dal 1143 fino alla fine dei tempi, e Papa Francesco sembrerebbe, almeno a prima vista, essere l’ultimo pontefice descritto nella profezia, suggerendo così che il mondo finirà ora che il suo pontificato è concluso.

Un’analisi più approfondita, tuttavia, rivela prove significative che contraddicono l’autenticità di questa presunta profezia. Ecco cosa c’è da sapere.

Che cos’è la “Profezia dei Papi”?

Il documento in questione sarebbe una rivelazione privata concessa a San Malachia, figura medievale che servì come arcivescovo di Armagh (Irlanda) nel XII secolo. Secondo la tradizione, durante una visita a Roma, avrebbe avuto una visione dei futuri papi, che poi mise per iscritto.

La profezia consiste in una lista di 112 brevi frasi, enigmatici “motti” in latino, che rappresenterebbero i papi dal tempo di San Malachia in poi.

I motti fanno spesso riferimento a diversi elementi, come il nome del Papa (nome pontificale, nome di nascita o cognome), il luogo d’origine o uno stemma araldico a lui collegato (lo stemma pontificio, lo stemma familiare o quello dell’ordine o della città d’origine). Spesso implicano giochi di parole su questi temi, anche se questo è più evidente in latino.

Alcuni credono che i motti predicano la successione dei papi cattolici, concludendosi con un ultimo papa noto come “Pietro il Romano”.

Il penultimo motto della profezia dei papi è stato associato a Papa Benedetto XVI, che rinunciò al pontificato nel 2013 e morì alla fine del 2022. L’elezione di Papa Francesco come suo successore porta all’ultimo nome della profezia, che molti hanno interpretato come indicativo del Papa della fine del mondo.

Questo passaggio recita:

“Pietro il Romano, che pascerà il gregge tra molte tribolazioni; quando esse saranno terminate, la città dai sette colli sarà distrutta e il Giudice tremendo giudicherà il suo popolo.”

È autentica?

Questa profezia non è una rivelazione privata approvata dal Vaticano, anche se ha avuto una certa influenza in alcuni ambienti cattolici per secoli. Tuttavia, ci sono prove che ne mettono seriamente in dubbio l’autenticità.

Innanzitutto, la profezia venne pubblicata solo nel 1595, benché San Malachia fosse morto nel 1148. Non vi è alcuna traccia della sua esistenza nei 447 anni intercorsi. Si afferma che ciò sia dovuto al fatto che il documento sarebbe rimasto dimenticato in un archivio romano fino al 1590.

Sebbene l’assenza di menzioni non provi da sola che il documento sia falso, solleva dubbi significativi sulla sua autenticità.

È stato suggerito che la profezia non sia una vera rivelazione, ma una falsificazione composta intorno al 1590 e successivamente inserita negli archivi con fini politici — spiegazione che giustificherebbe la lunga assenza del documento.

Il contenuto è veritiero?

Il modo più logico per valutare la profezia è analizzare se il suo contenuto sia più coerente con una stesura intorno al 1100 o intorno al 1590.

Molti studiosi propendono per la seconda ipotesi. Una ragione è che i motti anteriori al 1590 sono molto facili da collegare ai papi che dovrebbero rappresentare, mentre quelli successivi sono molto più difficili da interpretare, e spesso richiedono collegamenti forzati.

Alcuni esempi di motti facilmente collegabili ai papi prima del 1590 includono:

  • “Ex castro Tiberis” (“Dal castello sul Tevere”) — collegato a Celestino II (1143-1144), nato a Città di Castello, vicino al Tevere.
  • “Frigidus abbas” (“Abate freddo”) — collegato a Benedetto XII (1334-1342), già abate di un monastero a Fontfroide (“Fonte fredda”).
  • “De parvo homine” (“Da un uomo piccolo”) — collegato a Pio III (1503), il cui cognome era Piccolomini (da piccolo + uomo).

Al contrario, esempi di papi successivi al 1590:

  • “Pia civitas in bello” (“Città pia in guerra”) — collegato a Innocenzo IV (1591), ma senza una connessione evidente e convincente.
  • “Aquila rapax” (“Aquila rapace”) — attribuito a Pio VII (1800-1823); alcuni propongono un collegamento con Napoleone, ma è forzato e riguarda più il contesto storico che il Papa stesso.
  • “Religio depopulata” (“Religione devastata”) — collegato a Benedetto XV (1914-1922), senza collegamenti chiari al suo nome, famiglia o stemma; la religione non fu distrutta durante il suo pontificato.

Se si ammettesse di collegare i motti a qualsiasi evento globale dell’epoca, allora qualsiasi motto potrebbe essere applicato a qualsiasi papa, svuotando di significato la profezia.

Cosa dovremmo concludere?

Torniamo ora al motto che dovrebbe riferirsi a Papa Francesco: “Pietro il Romano”. Non c’è alcun legame diretto: Francesco si chiama Jorge Mario Bergoglio, e sebbene sia di origine italiana, è nato in Argentina. Inoltre, il nome Pietro non ha relazione diretta con lui, se non il fatto che il Papa è il successore di San Pietro.

Inoltre, la Enciclopedia Cattolica osserva che, mentre la profezia designa “Pietro il Romano” come l’ultimo papa, non afferma che non ci saranno altri papi tra “Gloria olivæ” (associato a Benedetto XVI) e “Pietro il Romano”. Dice solo che quando Pietro il Romano arriverà, sarà l’ultimo.

Pertanto, non vi è alcuna ragione convincente per credere che Papa Francesco sia Pietro il Romano. (Alcuni articoli e commentatori affermano anche che la profezia predica l’arrivo di Pietro il Romano nel 2027, ma in realtà il documento non menziona alcuna data).

Considerato tutto questo, i cattolici non dovrebbero preoccuparsi eccessivamente della profezia di San Malachia. Non è una rivelazione approvata, e le prove indicano che si tratti di una falsificazione del 1590.

Più profondamente, Gesù stesso ha detto che non sapremo quando verrà la fine, e coerentemente con il suo avvertimento, le predizioni sulla fine del mondo basate sulla Bibbia hanno sempre avuto esiti fallimentari. Cercare di predire la fine basandosi su una rivelazione privata non approvata e probabilmente falsificata è ancora più errato.

Dobbiamo confidare in Dio, vivere secondo la sua parola e lasciare il futuro nelle sue mani.

Come disse Gesù:

“Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena” (Mt 6,34).

Tradotto e adattato dal team di ewtn.it. L’originale si trova qui.

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