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Omelia del cardinale Pietro Parolin nella seconda giornata dei “Novendiali” per la morte di Papa Francesco

Il cardinale Pietro Parolin, ex Segretario di Stato vaticano, ha presieduto la seconda Messa dei “ Novendiali ”, i nove giorni di lutto per la morte di Papa Francesco. | Credito: Daniel Ibanez / EWTN News.
Il cardinale Pietro Parolin, ex Segretario di Stato vaticano, ha presieduto la seconda Messa dei “ Novendiali ”, i nove giorni di lutto per la morte di Papa Francesco. | Credito: Daniel Ibanez / EWTN News.

In questa seconda domenica di Pasqua, domenica della Divina Misericordia, il cardinale Pietro Parolin ha presieduto la celebrazione della Messa nel secondo giorno dei “Novendiali”, un periodo di nove giorni di lutto per la morte di Papa Francesco.

La Messa era anche parte del Giubileo degli Adolescenti, che ha riunito decine di migliaia di giovani a Roma.

Di seguito il testo integrale dell’omelia pronunciata dal cardinale Pietro Parolin, diffuso dalla Sala Stampa della Santa Sede:

Cari fratelli e sorelle, 

Gesù Risorto si presenta ai suoi discepoli, mentre si trovano nel cenacolo dove si sono  rinchiusi per paura, con le porte sbarrate (Gv 20,19). Il loro stato d’animo è turbato e il loro cuore è  nella tristezza, perché il Maestro e Pastore che avevano seguito lasciando tutto è stato inchiodato sulla  croce. Hanno vissuto cose terribili e si sentono orfani, soli, smarriti, minacciati e indifesi.  

L’immagine iniziale che il Vangelo ci offre in questa domenica può rappresentare bene anche  lo stato d’animo di tutti noi, della Chiesa e del mondo intero. Il Pastore che il Signore ha donato al  suo popolo, Papa Francesco, ha terminato la sua vita terrena e ci ha lasciati. Il dolore per la sua  dipartita, il senso di tristezza che ci assale, il turbamento che avvertiamo nel cuore, la sensazione di  smarrimento: stiamo vivendo tutto questo, come gli apostoli addolorati per la morte di Gesù.  

Eppure, il Vangelo ci dice che proprio in questi momenti di oscurità il Signore viene a noi con  la luce della risurrezione, per rischiarare i nostri cuori. Papa Francesco ce lo ha ricordato fin dalla sua  elezione e ce lo ha ripetuto spesso, mettendo al centro del pontificato quella gioia del Vangelo che – come scriveva in Evangelii gaudium «riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano  con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto  interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (n. 1).  

La gioia pasquale, che ci sostiene nell’ora della prova e della tristezza, oggi è qualcosa che si  può quasi toccare in questa piazza; la si vede impressa soprattutto nei vostri volti, cari ragazzi e  adolescenti che siete venuti da tutto il mondo a celebrare il Giubileo. Venite da tante parti: da tutte  le Diocesi d’Italia, dall’Europa, dagli Stati Uniti all’America Latina, dall’Africa all’Asia, dagli  Emirati Arabi … con voi è realmente presente in questa piazza il mondo intero!  

A voi rivolgo un saluto speciale, col desiderio di farvi sentire l’abbraccio della Chiesa e  l’affetto di Papa Francesco, che avrebbe desiderato incontrarvi, guardarvi negli occhi, passare in  mezzo a voi per salutarvi. 

Di fronte alle tante sfide che siete chiamati ad affrontare – ricordo, ad esempio, quella della  tecnologia e dell’intelligenza artificiale che caratterizza in modo particolare la nostra epoca – non  dimenticate mai di alimentare la vostra vita con la vera speranza che ha il volto di Gesù Cristo vivo e risorto nella sua chieas. Nulla  sarà troppo grande o troppo impegnativo con Lui! Con Lui non sarete mai soli né abbandonati a voi  stessi, nemmeno nei momenti più brutti e piu difficile della vostra vita! Egli viene ad incontrarvi là dove siete, per darvi il coraggio  di vivere, di condividere le vostre esperienze, i vostri pensieri, i vostri doni, i vostri sogni, il corraggio di vedere  nel volto di chi è vicino o lontano un fratello e una sorella da amare, ai quali avete tanto da dare nello stesso tempo  tanto da ricevere, per aiutarvi ad essere generosi, fedeli e responsabili nella vita che vi attende, e per  farvi comprendere ciò che più vale nella vita: l’amore che tutto comprende e tutto spera (cfr. 1Cor  13,7). 

Oggi, II domenica di Pasqua, domenica in Albis, celebriamo la festa della Misericordia.  Proprio la misericordia del Padre, più grande dei nostri limiti e dei nostri calcoli, è ciò che ha  caratterizzato il Magistero di Papa Francesco e la sua intensa attività apostolica, insieme all’ansia di  annunciarla e condividerla con tutti – l’annuncio della buona novella, l’evangelizzazione – che è stato  il programma del suo pontificato. Egli ci ha ricordato che “misericordia” è il nome stesso di Dio, e,  pertanto, nessuno può porre un limite al suo amore misericordioso con il quale Egli vuole rialzarci e  renderci persone nuove.  

È importante accogliere come un tesoro prezioso questa indicazione su cui Papa Francesco ha  tanto insistito. E – permettetemi di dire – il nostro affetto per lui, che si sta manifestando in queste  ore, non deve restare una semplice emozione del momento; la Sua eredità dobbiamo accoglierla e  farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi  gli uni verso gli altri.  

La misericordia ci riporta al cuore della fede. Ci ricorda che non dobbiamo interpretare il  nostro rapporto con Dio e il nostro essere Chiesa secondo categorie umane o mondane, perché la  buona notizia del Vangelo è anzitutto la scoperta di essere amati da un Dio che ha viscere di  compassione e di tenerezza per ciascuno di noi a prescindere dai nostri meriti; ci ricorda, inoltre, che  la nostra vita è intessuta di misericordia: noi possiamo rialzarci dopo le nostre cadute e guardare al  futuro solo se abbiamo qualcuno che ci ama senza limiti e ci perdona. E, perciò, siamo chiamati  all’impegno di vivere le nostre relazioni non più secondo i criteri del calcolo o accecati dall’egoismo,  ma aprendoci al dialogo con l’altro, accogliendo chi incontriamo lungo il cammino e perdonando le  sue debolezze e i suoi errori. Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi  della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco.  

Gesù ci mostra questo volto misericordioso di Dio nella sua predicazione e nei gesti che  compie; e, come abbiamo ascoltato, presentandosi nel Cenacolo dopo la risurrezione, offre il dono  della pace e dice: «A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,23). Così, il Signore Risorto stabilisce che i suoi  discepoli, la sua Chiesa, siano strumenti della misericordia per l’umanità per coloro che desiderano  accogliere l’amore e il perdono di Dio. Papa Francesco è stato testimone luminoso di una Chiesa che  si china con tenerezza verso chi è ferito e guarisce con il balsamo della misericordia; e ci ha ricordato  che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e,  soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di  noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita.  

Fratelli e sorelle, proprio nella domenica della misericordia ricordiamo con affetto il nostro  amato Papa Francesco. Questo ricordo è particolarmente vivo tra i dipendenti e i fedeli della Città del  Vaticano, molti dei quali sono qui presenti, e che vorrei ringraziare per il servizio che svolgono  quotidianamente. A voi, a noi tutti, al mondo intero, Papa Francesco rivolge il suo abbraccio dal  Cielo.  

Ci affidiamo alla Beata Vergine Maria, a cui Lui era così devotamente legato tanto da scegliere  di riposare nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Lei ci protegga, interceda per noi, vegli sulla  Chiesa, sostenga il cammino dell’umanità nella pace e nella fraternità. Amen.

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