Oggi, la memoria della Beata terziaria dell’ordine della Santissima Trinità e degli schiavi
Elisabetta Canori Mora, beata della Famiglia. E in tempi come questi, ricordarla è necessario. Giovanni Paolo II, quel 24 aprile 1994 (anno della Famiglia), all’omelia della beatificazione pronunciò queste parole: “Elisabetta Canori Mora, da parte sua, in mezzo a non poche difficoltà coniugali dimostrò una totale fedeltà all’impegno assunto con il sacramento del matrimonio e alle responsabilità da esso derivanti. Costante nella preghiera e nell’eroica dedizione alla famiglia, seppe educare cristianamente le figlie ed ottenne la conversione del marito”, Parole che non hanno tempo. Come la figura della beata, terziaria dell’ordine della Santissima Trinità e degli schiavi.
Il profilo di un medagione dell’epoca – quella che oggi potrebbe definirsi una fotografia – ci offre la possibilità di carpire alcuni dettagli della sua figura: donna elegante; un viso da fanciulla; le vesti sobrie ma brillanti (la luce della bellezza di Dio); e poi quelle mani congiunte che stanno lavorando a maglia, come qualsiasi altra donna. Eppure la Canori Mora non era una donna “qualsiasi”: ma in questa sua quotidianità, tutta la santità, come ricordava San Giovanni Paolo II.
A Roma, il 21 novembre 1774, nasce Elisabetta Canori da Tommaso e Teresa Primoli. La sua è una famiglia benestante, profondamente cristiana e attenta all’educazione dei figli. Il padre era un importante proprietario terriero. Gentiluomo di vecchio stampo, Tommaso: amministrava senza avidità, senza il solo fine del guadagno. La piccola Elisabetta viene educata dalle suore agostiniane di Santa Rita a Cascia. Una educazione che segnerà nello spirito, per sempre, la sua vita.
A ventidue anni, il matrimonio con un giovane avvocato, Cristoforo Mora. Elisabetta, donna forte, donna di una religiosità che è fede, soprattutto. Una fede radicata nel servizio per i più deboli, gli emarginati. Una fede che diviene sempre più profonda e che le permetterà – nonostante il tradimento del marito – di vivere in totale fedeltà al Sacramento del Matrimonio. Nascono due figlie: Lucina (diventerà poi religiosa filippina) e Marianna.
Donna dalle profondi doti spirituali, mistiche. Basterebbe leggere il suo Diario per rendersene subito conto. In queste pagine si intrecciano: esperienze mistiche, scrutazione dei cuori, spirito di profezia, poteri taumaturgici. Dall’altra parte deve subire i tradimenti del marito: lo fa in silenzio, offrendo tutto al Signore. Naturale è che da lei, già allora considerata la santa paziente delle donne tradite, trovino particolare accoglienza le famiglie in difficoltà.
In questa storia, c’è però altra storia che si innesta. Quella della conversione del marito, Cristoforo. “Ridete, ridete, voi direte la messa e confesserete”, un giorno la Canori Mora dirà al marito che la derideva per la sua vicinanza alla Chiesa. Profezia che si avvera. Nei quaranta giorni di malattia, prima di morire, Elisabetta si accorge che Cristoforo è più presente, magari anche disposto a vegliarla. La gioia di vederlo completamente cambiato, convertito avverrà solo dopo la sua morte, avvenuta a Roma il 5 febbraio 1825.
Altra storia “adiacente” a queste, quella dell’importanza della chiesa di San Carlino alla Quattro Fontane a Roma (chiesa che era ed è tutt’ora retta dai Padri Trinitari). Qui avviene un incrocio di Santi: San Vincenzo Pallotti, la stessa Canori Mora, la Beata Anna Maria Taigi e la serva di Dio Madre Teresa Cucchiari. Due donne, due madri di famiglia, la Taigi (altra terziaria Trinitaria) e la Canori Mora. In questa chiesa vicino al Quirinale, le due donne è facile immaginarle nell’ascolto della Messa. San Vincenzo Pallotti aveva una grande fede nell’intercessione della Taigi, alla quale affidava tante intenzioni di preghiera, e quindi la chiamava “la sua segretaria” presso Dio.
Questo articolo è stato tradotto e adattato da ACI Prensa