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Costantinopoli, la storia latina che può essere via di unità

Cimitero cattolico latino a Costantinopoli | Cimitero Cattolico Latino di Istanbul | https://guerredecrimee.com/yazi/cimetiere-latin-catholique-de-ferikeuy

Un libro ripercorre la latinità nascosta dietro Istanbul a partire dalle iscrizioni nel cimitero cattolico più grande di Istanbul

“Unità nella diversità”. Rinaldo Marmara, storico, già presidente di Caritas Turchia, lo ripete continuamente, per spiegare il senso della sua ricerca. Una ricerca che guarda alle fonti negli Archivi Vaticani, da trascrivere, tradurre in turco, laddove non sono accessibili, e andare a ripercorrere le pieghe nella storia per cercare un ponte, un dialogo.

L’ultimo frutto di questa ricerca è un libro, pubblicato in lingua francese e presentato anche a Roma, chiamato: Latinité de Costantinople. Gravee sur le marbere du Cimetiere Latin-Catholique de Feriköy IstanbulOvverò, “Latinità di Costantinopoli. Incisioni sul marmo del cimitero cattolico latino di Feriköy.

Si tratta, spiega Marmara ad ACI Stampa, del “cimitero cattolico pià grande della città”. A Feriköy si trovano le tombe di numerose famiglie levantine, ovvero emigrati di origine europea o mista dell’Impero Ottomano che erano di religione cattolica o protestante. Sono i Corpi, i Botter, i Tubini, i Glavani, che sono vissuti a Istanbul tra il XIX e il XX secolo.

Il cimitero è la continuazione del cimitero dei Grandi Campi di Taksim o dei Grandi Campi dei Morti, che sono oggi in parte occupati dal giardino comunale “Taksin Gezisi”.

Quello dei Grandi Campi fu, a partire dal 1615, fondazione della nuova città di Istanbul, uno dei più grandi cimiteri per musulmani, e divenne presto anche luogo di sepoltura cattolica latina.

Con lo sviluppo della città, il cimitero già a metà del XIX secolo era stato inglobato all’interno della città, nel quartiere di Pera, che era così popolato che la presenza del cimitero era considerata pericolosa per l’igiene pubblica.

Così, nel 1852, il governo ottomano inviò un memorandum alle diverse legazioni straniere per richiedere l’abbandono del cimitero di Grands-Champs, offrendo in cambio terreni vicino alla zone di Férikeuy.

Le tombe dovevano essere trasferite entro tre anni dalla diffusione del memorandum, ma questa disposizione non fu eseguita a causa della Guerra di Crimea, che ha avuto luogo tra il 1853 e il 1856. Nel frattempo, l’area del cimitero fu circondata da un muro costruito a spese dell’esercito francese, dove vennero sepolti ufficiali e soldati francesi morti nei vari ospedali.

Questi furono poi esumati, e le ossa riesumate nel vecchio cimitero di Grands-Champs furono deposte in un ossario generale costruito appositamente nel nuovo cimitero cattolico latino, un monumento che fu costruito a più riprese tra il 1869 e il 1873. 
La forma di questo monumento è quella di un sarcofago rettangolare, forato nel basamento orientale, ‘una porta ad arco che conduce in cantina. A ciascuno dei quattro angoli si trova un obelisco. Il monumento e i quattro obelischi sono ricoperti da lapidi prelevate dall’antico cimitero di Grands-Champs e tagliate in modo da poter essere unite tra loro. Per la copertura di questo monumento sono state utilizzate centosettantotto lapidi.

C’è, insomma, una storia molto lunga e profonda dietro il cimitero latino. “Nel libro – spiega Marmara – sono stati raccolte tutte le informazioni provenienti dagli archivi della Chiesa locale”.

Ma quale è il messaggio di questo libro? “Che abbiamo un patrimonio che stiamo buttando via, e che invece dovremmo valorizzare”, spiega Marmara.

E, in fondo, la situazione del cimitero cattolico, della sua storia nascosta perché sconosciuta, è un po’ il paradigma della situazione delle chiese cristiane a Istanbul. Sconosciute, a volte, perché già in tempo ottomano le chiese non potevano essere visibili dalle strade, e dunque il loro lavoro doveva essere destinato ai cristiani in modo che fosse evitata ogni accusa di proselitismo.

Ma questa difficoltà a conoscere l’eredità latina che si trova a Costantinopoli diventa un problema anche nel momento in cui si deve dialogare. Santa Sofia e San Salvatore in Chora, basilica e chiesa cristiana dalla storia antica, erano diventate musei e sono state ritrasformate recentemente in moschee, e di certo è un segnale poco rassicurante.

“Il messaggio che voglio dare – spiega Marmara – è che la Turchia è fatta di tante diversità, tanti popoli. E che proprio questa unità nella diversità può essere il futuro della società turca”.

C’è, insomma, bisogno di un modello nuovo. Le iscrizioni del cimitero latino di Istanbul, e la loro comprensione, possono essere un punto di partenza.

Questo articolo è stato tradotto e adattato da ACI Prensa  

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Andrea Gagliarducci

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