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Le tre vite di Anastasio di Tirana, il patriarca ortodosso di Albania morto a 95 anni

Anastasio di Albania | Un ritratto di Anastasio di Albania, morto il 25 gennaio 2025 a 95 anni | basilica.ro

Il suo lavoro ha avuto un grande impatto nella sua nazione. Importante anche nel campo delle relazioni ecumeniche, Anastasio ha assicurato con le sue azioni una grande eredità

Ci saranno sia il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo che l’arcivescovo ortodosso di Cipro Georgios III il prossimo 30 gennaio, per la celebrazione dei funerali dell’Arcivescovo Anastasio (Anastas in Albanese) di Tirana, primate della Chiesa Autocefala di Albania. Anastasio è morto a 95 anni lo scorso 25 gennaio, ricoverato in ospedale prima a Tirana e poi ad Atene.

È grazie a lui se, alla sua morte, la Chiesa Ortodossa albanese, la 13esima nella sinassi delle Chiese ortodosse, avrà un nuovo primate di origine albanese. Perché fu lui a ricostruire la Chiesa ortodossa di Albania dalle ceneri degli anni di ateismo di Stato di Enver Hoxha, primo arcivescovo cristiano a ricostruire la sua Chiesa in un Paese in cui nemmeno si poteva andare nei cimiteri. E perché il suo impatto è stato grande, anche fuori dall’ambito ortodosso, come ad esempio negli incontri di preghiera per la pace in cui dialogava con esponenti di tutte le religioni.

Non è un caso che il Patriarca Bartolomeo e il Patriarca Kirill di Mosca, ma anche la Chiesa Ortodossa Greca e il Consiglio Mondiale delle Chiese ne abbiano ricordato la figura, esprimendo cordoglio.

Anastasio è morto dopo circa un mese di agonia. Ricoverato a Tirana lo scorso 30 dicembre, trasferito ad Atene il 3 gennaio in elicottero, messo in terapia intensiva e intubato a partire dal 10 gennaio, quando ha subito una chirurgia di emergenza all’intestino. Si è provato anche ad estubarlo, e a praticare una tracheotomia, ma senza successo, e, nonostante qualche generale ottimismo, il 25 gennaio c’è stato un collasso multiplo di organo che ha portato alla morte.

Quando nel 1991 cadde il comunismo, la Chiesa ortodossa di Albania cercava una guida sicura e visionaria, e chiamò come esarca patriarcale, e dal 1992 come arcivescovo, Anastasio, che all’epoca lavorava al Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli.

Anastasio ha operato, in questi 33 anni alla guida della Chiesa ortodossa albanese, per ripristinare semplici preghiere e tradizioni, ha fatto costruire o ricostruire chiese a centinaia, ha eretto istituzioni per l’educazione e la filantropia, ha formato e ordinato nuovi sacerdoti (155), e nel 2009 ha ottenuto, grazie anche alla sua formazione, un accordo che definì chiaramente le relazioni tra Chiesa e Stato, consentendo una vera e propria rinascita dell’ortodossia albanese.

Nato il 4 novembre 1929 al Pireo, in Grecia, con una formazione accademica ampia che spaziava dalla teologia alla storia della religione, è stato missionario in diversi Paesi – tra cui Uganda, Tanzania e Kenya – negli Anni Sessanta.

Gentile e compassionevole, “gigante dell’ecumenismo” secondo il Consiglio Mondiale delle Chiese che Anastasio ha presieduto dal 2006 al 2013, fu persino candidato al Nobel per la Pace nel 2000, segno che il suo lavoro era riconosciuto a livello internazionale  

Le sue tre vite sono state quella di teologo, quella di missionario e quella di vescovo. Un libro della Comunità di Sant’Egidio, pubblicato nel 2022, definisce Anastasio di Albania “un uomo dalle molte patrie”, con prefazione di Andrea Riccardi che sottolineava come “la sua cristianità non resta isolata e autoreferenziale, ma si misura di fronte alle vaste e diverse esperienze religiose dell’umanità contemporanea”. Riccardi notava anche che la scelta di Anastasio “per la mentalità nazionalista albanese, avrebbe significato l’ellenizzazione della Chiesa Autocefala”, ma “è accaduto esattamente l’opposto”, tanto che si può dire che “con l’arcivescovo Anastasio, è davvero nata una Chiesa Ortodossa Albanese indipendente”.

Dopo gli attacchi dell’11 settembre, Anastasio sottolineò che “le società sviluppate dell’Occidente devono oggigiorno prender in considerazione un importante cambiamento per quello che riguarda il comportamento delle società più povere del pianeta. Nel XX secolo molti gruppi oppressi si sono orientati verso il comunismo, identificato con il materialismo storico. Questa ideologia, pur avendo adottato importanti precetti cristiani, come quello della giustizia sociale, della fratellanza e dell’uguaglianza, ha rigettato l’impeto della fede religiosa dalla sua dinamica combattiva. Oggi, un altro polo d’attrazione emerge nei paesi dove c’è della gente affamata, particolarmente in Asia e Africa: un Islam che usa la fede religiosa in una maniera estrema. Così, possiamo arrivare ad un altro tipo di conflitto. Le società ricche dell’Occidente che hanno avuto come punto di partenza la tradizione cristiana senza pertanto rimanere fedeli ad essa devono ora rispondere con giustizia al loro dovere internazionale. Credo che in questo momento giustizia e sviluppo siano sinonimi di pace. Se le nazioni ricche continueranno a mostrarsi indifferenti rispetto a questi due concetti, ci saranno molte sorprese e molte crisi in varie parti del mondo”.

Non era preoccupato dall’ateismo perché “a volte una persona che considera se stessa atea si trova molto più vicina a Dio di me che mi presento come Suo rappresentante. Le frontiere tra il bene e il male si trovano dentro il cuore. Dipende da quale dei due si trae la forza. Il sentimento dell’umiltà è un elemento fondamentale della Chiesa ortodossa che coesiste con la libertà e l’amore”.

Al tempo della concessione del tomos di autocefalia alla Chiesa ortodossa ucraina da parte del Patriarcato di Costantinopoli, lanciò un Appello per risolvere la polarizzazione ecclesiale del 24 novembre 2019. Al n. 3 e 6 di quell’appello, in cui scriveva: “Nella maggior parte delle Chiese ortodosse prevale attualmente un silenzio preoccupante. Le pressioni politiche che traspaiono sui due versanti (russo / bizantino) feriscono l’autorità spirituale della Chiesa ortodossa. La mobilizzazione di persone irresponsabili per insultare coloro che esprimono posizioni diverse, adulando contestualmente i propri sostenitori, avvilisce il dialogo intra-ortodosso e questo in un momento difficile dell’Ortodossia. Alcuni ambiti ecclesiastici si attendono che, poco a poco, tutte le Chiese ortodosse riconosceranno colui che ha ricevuto il tomo (dell’autocefalia)”.

Questo articolo è stato tradotto e adattato da ACI Prensa  

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Andrea Gagliarducci

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