La Lectio del Pontefice per l’apertura dell’ Anno accademico della Gregoriana, l’università dei gesuiti
Un lungo discorso preparato con cura e che non è stato pubblicato per il momento. Papa Francesco ha aperto l’Anno accademico della Pontificia Università Gregoriana con una ” Lectio magistralis” trasmessa in diretta da ascoltare punto per punto. Molti i temi cari al Pontefice sul ruolo della Università, per cui il sapere universitario, non nasce “da idee astratte, concepite solo a tavolino”, ma dai “travagli della storia concreta” e dal “contatto con la vita dei popoli, dall’ascolto delle domande nascoste e dal grido che si leva dalla sofferenza dei poveri”. Ma c’è anche la cronaca nella riflessione del Papa come la guerra e la sua follia che “copre nell’ombra di morte ogni speranza”. E per questo chiede di usare parole miti in ogni occasione.
C’è poi il tema della intelligenza artificiale nella riflessione del Papa secondi il quale “nessun algoritmo potrà sostituire la poesia, l’ironia e l’amore”. E Francesco aggiunge che si deve “umanizzare i saperi della fede, ad accendere e rianimare la scintilla di grazia nell’umano, curando la transdisciplinarietà nella ricerca e nell’insegnamento”. Per cui la domanda: “State considerando l’ impatto dell’intelligenza artificiale sull’insegnamento, sulla ricerca? Gli studenti hanno bisogno di scoprire la forza della fantasia, di prendere contatto con le proprie emozioni e di saper esprimere i propri sentimenti”.
Francesco usa le sue immagini popolari e dice, attenzione alla “cocacolizzazione spirituale”, cioè all’ “efficientismo senza visione”, che si limita “ad accorpamenti, sospensioni e chiusure” trascurando la missione nel mondo e nella Chiesa, che richiede “un supplemento di responsabilità e un ripensamento di tutto in vista della missione che Gesù ci ha affidato”.
E quindi “meno cattedre e più tavoli senza gerarchie, uno affianco all’altro, tutti mendicanti di conoscenza toccando le ferite nella storia”, l’indicazione di Francesco, che ha esortato a trasformare l’università “in uno spazio di accoglienza, in una casa del cuore”, perché “la cura delle relazioni ha bisogno di un cuore che dialoga, un cuore che unisce i frammenti e con i frammenti degli altri costruisce ponti dove incontrarsi, un luogo di ricerca per la cultura dell’incontro e non dello scarto, un luogo di dialogo tra passato e presente, tra la tradizione e la vita, tra la storia e le storie”. Cita l’ Iliade, parla di cuore e dice “Quanta tristezza quando si vede che si confida soprattutto nei mezzi umani e si affida ogni cosa oggi al management di turno!” E poi ricorda San Francesco Saverio e il suo desiderio di “andare in tutte le università per scuotere coloro che hanno più senso di carità, perché si sentissero spinti a fare i missionari”, perché il carisma ignaziano è carisma missionario.
E in questo ricorda ai confratelli che “è la gratuità che rende tutti servitori senza padroni”,e ” tutti riconoscenti della dignità di ciascuno, nessuno escluso. E la gratuità che ci apre alle sorprese di Dio, è la gratuità che rende virtuosi i sapienti maestri, è la gratuità che educa senza manipolare e legare a sé. E’ la gratuità di Dio che fa il primo passo sempre, verso tutti, nessuno escluso, in un mondo che sembra aver perso cuore”. E dice “quando manca il cuore si vede”.