Con l’approssimarsi della fase finale di discernimento del Sinodo sulla Sinodalità, Mons. Robert Barron, della diocesi di Winona-Rochester, riflette sul significato della sinodalità per la Chiesa oggi. In un’intervista a Colm Flynn di EWTN, Mons. Barron descrive l’intenso programma del Sinodo e l’evoluzione dei temi discussi, concentrandosi sugli elementi chiave della sinodalità e il suo impatto su laici e leadership ecclesiale.
Colm Flynn: Mons. Barron, è un piacere rivederla, bentornato a Roma.
Mons. Robert Barron: Grazie, Colm. È sempre un piacere essere qui con te.
Colm Flynn: L’anno scorso abbiamo parlato durante la prima sessione del Sinodo. Com’è questa edizione rispetto alla precedente? Anche quest’anno il Sinodo dura un mese, come l’anno scorso. C’è qualche differenza?
Mons. Robert Barron: Sì, è simile in termini di durata, è lungo, ed è una sfida. L’ho detto tante volte, è un “tour de force”. Ci mettiamo al lavoro alle 8:45 per la preghiera e la giornata termina alle 19:30. C’è una pausa pranzo, ma lavoriamo sodo, è una vera sfida. Una differenza che ho notato rispetto all’anno scorso è che la prima sessione aveva un carattere più dispersivo, si parlava di molte cose diverse. Quest’anno, invece, è tutto più concentrato. L’“Instrumentum Laboris” ci ha aiutato a riportare l’attenzione sulla sinodalità. L’anno scorso, in un certo senso, il Sinodo sulla Sinodalità è diventato il Sinodo su tutto. Quest’anno, invece, è più pulito, più chiaro, e focalizzato proprio sulla sinodalità.
Colm Flynn: Quindi, i temi più delicati sollevati lo scorso anno non sono stati al centro delle discussioni di quest’anno?
Mons. Robert Barron: Esattamente. I temi più controversi sono stati assegnati ai gruppi di studio, e devo dire che dopo due settimane non sono stati il centro della nostra conversazione.
Colm Flynn: So che ci sono limiti su cosa si può dire o meno durante il Sinodo. Ma c’è qualcosa di nuovo o sorprendente che è emerso in queste settimane?
Mons. Robert Barron: Sì, direi che la domanda famosa, “Cos’è la sinodalità?”, questa volta è più chiara. Ci sono tre elementi principali che vorrei evidenziare: il primo è la consultazione più ampia con i laici, per renderli più partecipi nel processo decisionale della Chiesa. Questo è un punto chiave della sinodalità: ascoltare di più e in modo più ampio, specialmente le voci che spesso sono marginalizzate. Il secondo punto è la trasparenza: la leadership della Chiesa deve essere più trasparente e dare conto di come e perché vengono prese certe decisioni.
Il terzo aspetto è la responsabilità: dobbiamo garantire che ci sia una maggiore responsabilità nella gestione della Chiesa. Quindi, questi tre elementi—consultazione più ampia, maggiore trasparenza e maggiore responsabilità—sono i pilastri della sinodalità.
Colm Flynn: Secondo lei, come questi principi possono coinvolgere maggiormente i laici nella vita della Chiesa?
Mons. Robert Barron: Beh, credo che siano applicabili in particolare a una piccola percentuale di laici, quelli coinvolti nella governance della Chiesa. Ma la maggior parte dei laici ha il compito di portare il Vangelo nel mondo, di essere avvocati cattolici, insegnanti, scrittori, leader d’impresa, ecc. Se potessi dare un suggerimento—anche se non mi è stato chiesto—direi che un buon Sinodo di follow-up potrebbe concentrarsi sul ruolo dei laici nella trasformazione del mondo. La sinodalità, in questo contesto, guarda principalmente all’interno: come governiamo noi stessi e come coinvolgiamo i laici in questa governance.
Colm Flynn: Quando tutto sarà finito, guardando indietro a questo Sinodo, cosa vorrebbe vedere per poter dire che è stato un successo?
Mons. Robert Barron: Due cose. La prima è legata ai tre punti di cui abbiamo parlato: se potessimo dire che questi principi sono stati rafforzati in tutta la Chiesa, o se tornassi nella mia diocesi e vedessi che abbiamo migliorato la consultazione, la trasparenza e la responsabilità, sarebbe già un segno di successo. O se un vescovo in un’altra parte del mondo potesse dire: “Sì, sto facendo funzionare questi principi nella mia diocesi,” sarebbe un ottimo risultato.
Ma c’è anche un altro aspetto, più intangibile. Una delle migliori parti del Sinodo è semplicemente stare insieme a persone da tutto il mondo. Il primo giorno, quando ci siamo ritrovati, sembrava il primo giorno di scuola: è stato bello. È un momento in cui percepisci davvero la Chiesa universale, superando le divisioni etniche e ideologiche. Questo è un grande frutto del Sinodo, indipendentemente da ciò che si discute.
E devo dire, scherzosamente, che le pause caffè sono ancora le mie preferite. Abbiamo mezz’ora al mattino e mezz’ora al pomeriggio per una pausa caffè, e io mi aggiro nella sala, parlo con tutti. Sono momenti che adoro.
Colm Flynn: Mons. Barron, è sempre un piacere parlare con lei. Grazie mille per questa intervista.
Mons. Robert Barron: Grazie a te, Colm. È sempre un piacere essere qui.