Due temi. Il primo è la promozione della pace, di cui il Belgio si deve fare portatore come nazione ponte, cuscinetto tra Germania e Francia e centro delle istituzioni europee proprio per il suo essere a cavallo dei due mondi. Il secondo è il dramma delle adozioni forzate in Belgio, perché dal 2015 è venuta alla luce la sistematica sottrazione di bambini da madri incinte e non sposate, destinati a famiglie adottive, per un totale di circa 30 mila bambini. Un dramma che si consumava anche in case religiose, e che è durato incredibilmente fino agli Anni Ottanta, sul quale i vescovi belgi si sono ora impegnati a fare tutto il possibile. E un terzo tema, che diventa più forte nel momento in cui il Papa parla a braccio: gli abusi, che sono “la nostra vergogna e la nostra preoccupazione”, una questione “da risolvere”.
Papa Francesco è a Laeken, la residenza dei re del Belgio, per il primo incontro del viaggio a Bruxelles. Arrivato ieri sotto una pioggia battente, accolto da un coro di bambini che raccoglie un nutrito gruppo di ragazzi provenienti da quartieri difficili, il Papa va ora nella residenza del re del Belgio per incontrare 300 autorità, di cui meno di 10 sono rappresentanti del corpo diplomatico belga, mentre molti sono rappresentanti della società civile e della Chiesa, come padre Jeroom Heyndrickx, l’evangelizzatore moderno della Cina.
Nel suo discorso, il Papa decide di non toccare il tema dell’eutanasia, pure tema caldo se si considera che sono sempre più forti le pressioni sugli ospedali cattolici di ammettere almeno la possibilità della pratica in condizioni estreme. E non tocca nemmeno il tema della neutralizzazione della religione a scuola.
Papa Francesco parla prima di tutto di pace, guarda indietro alla storia stessa del Belgio, e al fatto che il Belgio fu considerata “sede naturale delle principali istituzioni europee” perché il Paese è “sulla linea di faglia tra mondo germanico e mondo latino, confinante con Francia e Germania, che più avevano incarnato le antitesi nazionalistiche alla base del conflitto”.
E per questo, il Belgio è un ponte, “tra il continente e le isole britanniche, tra l’area di matrice germanica e quella francofona, tra il sud e il nord dell’Europa”.
Questo ponte è ora chiamato a “permettere alla concordia di espandersi e far indietreggiare le controversie”, dice Papa Francesco, perché su quel ponte “ciascuno, con la sua lingua, la sua mentalità e le sue convinzioni, incontra l’altro e sceglie la parola, il dialogo, la condivisione come mezzi per relazionarsi”.
Per questo, su questo ponte si impara “a fare della propria identità non un idolo o una barriera, ma uno spazio ospitale da cui partire e a cui ritornare, dove promuovere validi interscambi e cercare insieme nuovi equilibri, costruire nuove sintesi”.
Papa Francesco continua con l’immagine del ponte. Sottolinea che questo “favorisce i commerci, mette in comunicazione e fa dialogare le civiltà. Un ponte dunque indispensabile per costruire la pace e ripudiare la guerra”.
Papa Francesco sottolinea dunque che l’Europa ha “bisogno del piccolo Belgio”, per “ricordare la sua storia, fatta di popoli e culture, di cattedrali e università, di conquiste dell’ingegno umano, ma anche da tante guerre e da una volontà di dominio che è diventata a volte colonialismo e sfruttamento”.
Sì, dice Papa Francesco, “l’Europa ha bisogno del Belgio per portare avanti il cammino di pace e di fraternità tra i popoli che la compongono”, perché è un Paese che “ricorda a tutti gli altri che, quando – sulla base delle più varie e insostenibili scuse – si comincia a non rispettare più confini e trattati e si lascia alle armi il diritto di creare il diritto, sovvertendo quello vigente, si scoperchia il vaso di Pandora e tutti i venti incominciano a soffiare violenti, squassando la casa e minacciando di distruggerla”.
Il Papa ricorda che concordia e pace “non sono una conquista che si ottiene una volta per tutte”, ma piuttosto una missione da “coltivare, da curare con tenacia e pazienza”, perché l’essere umano, quando smette di “fare memoria del passato e di lasciarsene istruire”, “possiede la sconcertante capacità di tornare a cadere anche dopo che si era finalmente rialzato, dimenticando le sofferenze e i costi spaventosi pagati dalle generazioni precedenti”.
Il Belgio è dunque “prezioso” per la memoria del continente europeo, perché “mette a disposizione argomenti inoppugnabili per sviluppare un’azione culturale, sociale e politica costante e tempestiva, coraggiosa e insieme prudente, che escluda un futuro in cui nuovamente l’idea e la prassi della guerra diventino un’opzione percorribile, con conseguenze catastrofiche”.
È la storia che “chiama l’Europa a riprendere il suo cammino, a ritrovare il suo vero volto, a investire nuovamente sul futuro aprendosi alla vita, alla speranza, per sconfiggere l’inverno demografico e l’inferno della guerra”. E il Papa ribadisce a braccio l’appello a fare figli lanciato anche alla società e le autorità di Lussemburgo.
In questo, la Chiesa cattolica intende rimanere nella società per offrire “una speranza antica e sempre nuova” che aiuta “ad affrontare le sfide e le prove, senza facili entusiasmi né cupi pessimismi”, ricordando che “l’essere umano amato da Dio ha una vocazione eterna di pace e di bene e non è destinato alla dissoluzione e al nulla”.
La Chiesa, nonostante sia “santa e peccatrice”, annuncia la Notizia, spiega Papa Francesco, ma allo stesso tempo “vive nella concretezza delle culture e delle mentalità di una determinata epoca, che contribuisce a plasmare e in qualche modo subisce”, in luce e ombra perché non sempre riesce a vivere il messaggio, e allora ci sono “esiti di grande generosità e splendida dedizione”, cui fanno da contraltare “dolorose controtestimonianze”
Tra queste ultime, Papa Francesco cita il drama degli abusi sui minori, riconoscendo che la Chiesa in Belgio sta affrontando la questione con decisione e fermezza. “Questa è una vergogna di cui tutti noi dobbiamo prendere in mano e chiedere perdono e risolvere il problema”, aggiunge Papa Francesco a braccio. E il Papa sottolinea che è la stessa Chiesa come al tempo dei Santi Innocenti, e sottolinea che si deve “cercare di risolvere la questione con umiltà, cercando che non succeda più”. Noi possiamo dire che “la maggior parte degli abusi si dà in famiglia, nel mondo dello sport…” – spiega il Papa – uno solo è “sufficiente della Chiesa, e questa è la nostra vergogna e la nostra preoccupazione“.
Papa Francesco si dice anche rattristato dal fenomeno delle adozioni forzate, perché “in quelle spinose storie si mescolò l’amaro frutto di un reato e di un crimine con ciò che era purtroppo l’esito di una mentalità diffusa in tutti gli strati della società, tanto che quanti agivano in base ad essa ritenevano in coscienza di compiere il bene, sia del bambino sia della madre”.
Infatti, nota Papa Francesco, “spesso la famiglia e altri attori sociali, compresa la Chiesa, hanno pensato che per togliere lo stigma negativo, che purtroppo a quei tempi colpiva la madre non sposata, fosse preferibile per il bene di entrambi, madre e bambino, che quest’ultimo venisse adottato. Ci furono persino casi nei quali ad alcune donne non venne data la possibilità di scegliere se tenere il bambino o darlo in adozione”.
Il Papa prega “affinché la Chiesa trovi sempre in sé la forza per fare chiarezza e per non uniformarsi alla cultura dominante, anche quando tale cultura utilizzasse – manipolandoli – valori che derivano dal Vangelo, per trarne però indebite conclusioni, con il loro pesante esito di sofferenze e di esclusione”.
Infine, Papa Francesco prega “affinché i responsabili delle Nazioni, guardando al Belgio e alla sua storia, sappiano trarne insegnamento e in questo modo risparmiare ai loro popoli sciagure senza fine e lutti senza numero”, e perché “i governanti sappiano assumersi la responsabilità, il rischio e l’onore della pace e sappiano allontanare l’azzardo, l’ignominia e l’assurdità della guerra”, e “temano il giudizio della coscienza, della storia e di Dio, e convertano lo sguardo e i cuori, mettendo sempre al primo posto il bene comune”.
Aggiunge Papa Francesco che “in questo momento in cui l’economia si è sviluppata tanto, vorrei sottolineare che in alcuni Paesi gli investimenti che danno più reddito sono le fabbriche delle armi” – un “a braccio” che aveva già fatto in Lussemburgo nell’incontro con le autorità del 26 settembre.
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